WALFER STATE

WALFER STATE

società

Crisi globale, disoccupazione, deficit pubblico, stagnazione delle produzioni e dei consumi, alcuni dei fattori che accrescono, oggi, l’incertezza del futuro minando la sicurezza sociale dei cittadini.
Un contesto che costringe la “politica” a riguardare o meglio a ridefinire le regole di un sistema che rischia di saltare.

In questo articolo, considerando la vastità dell’argomento, ci limitiamo a descrivere in sintesi quello che è il percorso storico delle “politiche sociali” evidenziando alcuni passaggi che hanno dato un impulso fattivo alla trasformazione della società occidentale, nozioni che permettono anche di captare quei segnali provenienti da quel mondo politico che oggi non vuole o non riesce a farsi capire.

Si parla di politiche sociali ovvero “ciò che lo Stato fa per il benessere dei cittadini”, o meglio “i servizi che uno Stato punta a garantire ai propri cittadini”, dei sistemi che variano nel tempo ed a seconda dell’organizzazione dello Stato.
Quello che viene definito “pacchetto” è composto dalle seguenti politiche:

- sostegno del reddito;
- sanitarie;
- servizi sociali;
- alloggio;
- per il lavoro, l’ambiente e l’istruzione.
Già nel 1748 ne “L’esprit des lois” di Montesquieu troviamo l’enunciazione dei diritti dei cittadini e nel corso della rivoluzione francese del 1789, con la “Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino”, viene elaborato un documento, basato sulla Dichiarazione d'indipendenza americana e contenente una solenne elencazione di diritti fondamentali dell'individuo e del cittadino.
Secondo le più accreditate analisi sociologiche, il Welfare State (stato di benessere) sarebbe il punto di arrivo di quel processo che ha accompagnato la nascita e l’evoluzione di uno Stato nazionale moderno rispetto ai precedenti interventi di politica sociale, quindi, per capire come si è arrivati a parlare di “protezione sociale” è necessaria una breve descrizione dei tre principali sistemi, modelli o stati, approvati ed attuati in Europa a partire dal 1830.
IL primo modello, lo “Stato liberista” o “residuale”, un sistema affermatosi in Inghilterra fino al 1880, dove lo Stato nazionale, attraverso sussidi prettamente economici, si interessa solo delle condizioni delle persone in difficoltà (i poveri) e nella misura in cui questi costituiscono un problema per l’ordine pubblico, cioè al fine di scongiurare furti e rapine e di ridurre la possibilità di attentati a imprese e commerci. A partire dagli anni ottanta del XIX secolo si afferma anche la necessità di una più diretta assunzione di responsabilità da parte dello Stato al fine di evitare o meglio riportare la classe operaia su posizioni meno rivoluzionarie. In Germania, con la regia del cancelliere Von Bismarck, vengono quindi varati i primi piani assicurativi obbligatori (vecchiaia, malattia infortuni sul lavoro), inizialmente limitati alle categorie operaie a reddito basso successivamente estesi ad altre categorie di lavoratori manuali. E’ in questo periodo che nasce il concetto di sicurezza sociale, in quanto il nuovo sistema, definito Stato Assistenziale, si regge sui contributi versati dai datori di lavoro e dai lavoratori, quindi va ad incrementare le garanzie assistenziali alle categorie legate al mondo del lavoro.

Negli anni ’40, durante la seconda guerra mondiale, nel nord Europa si comincia a parlare di Welfare State ovvero lo Stato non sceglie e discrimina chi garantire ma l’assistenza di base viene estesa a tutti i cittadini, quindi il criterio selettivo di Bismarck lascia il posto a quello universalistico.

Si acquisiscono dunque i diritti “sociali di cittadinanza”, un nuovo e costoso modello, studiato da Lord Beveridge, il quale nel “Report on Social Insurance and Allied Services” prefigura il primo servizio sanitario nazionale pubblico/gratuito.
Il nuovo metodo copre le esigenze anche di chi non ha una posizione lavorativa e non contribuisce al finanziamento della spesa, quindi in previsione del costante aumento della spesa pubblica, alle risorse contributive dei lavoratori si aggiungono quelle provenienti dalle tassazioni dirette e progressive. Secondo le teorie dell’economista inglese John Maynard Keynes che con Lord Beveridge è l’ispiratore del Welfare State, la spesa dello Stato è tanto più efficace quanto più stimola la domanda aggiuntiva, pertanto non può essere quella finanziata solo dalle imposte, perché in tal caso si limiterebbe a sostituire la spesa dei privati. Ne consegue dunque la legittimazione del debito pubblico (deficit spending) che punta a stimolare la domanda in una situazione in cui essa è inferiore alla capacità produttiva esistente e non c’è piena occupazione.

Questi sopra descritti, sono dunque i tre passaggi fondamentali per capire le trasformazioni dei “Servizi Sociali” oggi intaccati dalla crisi, da una discutibile gestione della cosa pubblica protrattasi nel tempo nonché dalla “politica” che fatica a riacquistare credibilità, chiamata a riesaminare oggi, tra le altre cose, ogni singola componente del cd “pacchetto” delle politiche sociali; il sindacato dovrà fare la sua parte, quale organo istituzionale legittimato a rappresentare le parti sociali, sarà ancora una volta protagonista da prima linea.
Accantonare i retaggi storici che ne hanno caratterizzato l’azione ed il movimento in un contesto sociale differente rispetto ad oggi nonché l’assunzione delle responsabilità, anche morali, per adeguare l’azione nelle sedi preposte attraverso quel contributo fattivo che superi ogni tipo di capziosità; il sindacato dunque dovrà lavorare duramente anche puntando anche sulla salvaguardia dello “stato di salute” dell’azienda stessa, nel nostro caso la Polizia di Stato, per il mantenimento o meglio l’aggiornamento dei diritti acquisiti col tempo in tutto il mondo del lavoro.

Prato, 7 novembre 2011

                                                                                                                            Giuseppe Crupi