Otto colleghi della Questura indagati
Bergamo, 23 novembre 2012 - Comunicato stampa
La scrivente O.S. desidera intervenire sui recenti fatti di cronaca che riguardano alcuni colleghi della Questura che si sarebbero macchiati di comportamenti moralmente riprovevoli e di cui sono stati chiamati a rispondere penalmente. Desidera farlo nonostante la difficoltà che deriva dal conoscere personalmente i colleghi implicati e per il clamore che una tale notizia produce sull’opinione pubblica.
In uno Stato democratico la Polizia di Stato ha un ordinamento civile e non ha timore di indagare sui propri stessi appartenenti quando questi si rendono responsabili di comportamenti illeciti. Allo stesso tempo i poliziotti possono liberamente associarsi in sindacati che esercitano il loro diritto di critica e di opinione.
Essere convinti che la Polizia di Stato non deve lavare i panni sporchi in famiglia non impedisce di sollevare il dubbio che in questo caso si è finito per buttare il mostro in prima pagina quando si poteva intervenire prima che il fenomeno assumesse una tale forma. E qui torna con maggior fragore la rivendicazione dei sindacati di categoria circa la carenza di personale. Di quella che riguarda gli uffici di polizia della provincia i quotidiani locali hanno dato ampio risalto in passato perché i sindacati di polizia l’hanno segnalata ripetutamente. Di quella specifica che riguarda i ruoli intermedi nell’ordinamento della Polizia di Stato poco si è detto ma occorre sapere che sul piano nazionale la Polizia di Stato soffre della mancanza di circa 9000 ispettori e 8000 sovrintendenti perché colpevolmente l’Amministrazione della P.S. non bandisce da anni i necessari concorsi. Ciò significa che presso la questura di Bergamo le volanti sono coordinate da solo due sovrintendenti per turno (ma non tutti) mentre tale compito dovrebbe esser assolto da appartenenti alla qualifica superiore, ovvero da quella degli ispettori. Inoltre, il fatto che da anni in questura non vi sia personale assegnato all’ufficio denunce – come lamentato in tutte le sedi dai sindacati – costringe i coordinatori a svolgere anche tale compito impedendo loro di svolgere pienamente l’attività di coordinamento e controllo del personale.
Lontano da qualsiasi istinto di difesa corporativa, crediamo che un’azione di controllo più attenta e un’organizzazione più efficiente e aderente agli ordinamenti avrebbe tranquillamente permesso al Questore di intervenire per tempo con la potestà disciplinare che gli è propria. Avrebbe impedito il ripetersi di comportamenti che inizialmente potevano solo essere moralmente discutibili o riprovevoli e prevenuto così l’azione penale. Il tutto senza il bisogno di un corvo esperto in slot machines.
Il SIAP non teme il confronto pubblico. Afferma che ognuno risponde personalmente delle proprie azioni e lascia alla Magistratura il compito di giudicare i comportamenti dei colleghi indagati. Ma crede che certe cose si sarebbero potute trattare per tempo usando il Regolamento di disciplina senza con questo rinunciare all’aspirazione di avere una Polizia di Stato trasparente o limitare il diritto di cronaca.
Con preghiera di pubblicazione integrale,
La Segreteria Provinciale