8° CONGRESSO SIAP GENOVA LIGURIA "Per una sicurezza più efficace e vicina alla gente occorre investire in prevenzione, organizzazione e coordinamento".
DOPO UNA TAVOLA ROTONDA DI ALTISSIMO LIVELLO, CHE HA VISTO LA SALA CONGRESSI GREMITA DI COLLEGHI, ELETTO SEGRETARIO GENERALE PROVINCIALE ROBERTO TRAVERSO E SEGRETARIO GENERALE REGIONALE ALESSANDRO DONDERO
8° Congresso Genova e Liguria del
Sindacato Italiano Appartenenti Polizia
“ "Per una sicurezza più efficace e vicina alla gente occorre investire in prevenzione, organizzazione e coordinamento”
TENUTOSI PRESSO IL CIRCOLO RICREATIVO AUTORITA' PORTUALE IN VIA ALBERRTAZZI 3 A GENOVA CARATTERIZZATO DA UNA TAVOLA ROTONDA DI ALTISSIMO LIVELLO :
"Genova crocevia mediterraneo di culture: il ruolo delle forze dell'ordine tra accoglienza, integrazione e sicurezza”.
HA MODERATO : Marco Preve, giornalista de “la Repubblica”
SONO INTERVENUTI:
Sergio COFFERATI – Europarlamentare
Tommaso RICCIARDI – Vice Prefetto – Direttore Uff. Relazioni Sindacali Dipartimento P.S.
Giuseppe TIANI – Segretario Generale Nazionale SIAP
Stefano BERNINI – Vice Sindaco di Genova
Gianni PASTORINO - Consigliere regione Liguria
Roberto TRAVERSO – Segretario Generale Provinciale SIAP Genova
Marco ALLEGRETTI -1° Dirigente P.d.S. - Dirig. Uff. Immigrazione Questura di Genova
Alessandra BALLERINI – Avvocato Cgil - Terres des hommes
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RASSEGNA STAMPA:
- ARTICOLO REPUBBLICA 13-05-2016 ALLEGATO IN PDF.
- GENOVA 24
http://www.genova24.it/2016/05/congresso-del-siap-grande-partecipazione-traverso-confermato-segretario-provinciale-108036/
- VIDEO SERVIZIO SU TELENORD
http://telenord.it/2016/05/14/le-ultime-dalla-liguria-parte-due/
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RELAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE PROVINCIALE ROBERTO TRAVERSO:
"Per una sicurezza più efficace e vicina alla gente occorre investire in prevenzione, organizzazione e coordinamento"
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Oggi si concretizza un percorso importantissimo per il nostro sindacato e per un gruppo dirigente che a Genova, per almeno 15 anni, ha dimostrato con la forza della coerenza di credere sino in fondo nel valore intrinseco della rappresentanza della categoria dei poliziotti, ispirata ad un modello confederale ma basata sulle fondamenta della BASE.
Quel gruppo, dimostrando una compattezza granitica che non è stata minimamente scalfita da chi INVANO ha tentato di infangarne l'immagine, con ripetute insussistenti azioni diffamatorie che sono oggetto di un procedimento penale ancora in atto, ha avuto la forza e la volontà di dare un colpo di timone netto, al momento giusto, prima che fosse troppo tardi, prima di finire sulle “secche” di un anonimato sindacale che avrebbe snaturato il nostro essere sindacalisti vicini ai bisogni VERI, di una categoria che mai come adesso ha bisogno di rafforzare il proprio rapporto con quella società per la quale le donne e gli uomini della Polizia di Stato lavorano ogni giorno per garantire sicurezza.
Per me e per molti di noi, questa di oggi non è certo la prima esperienza congressuale ma dopo aver compreso, con amarezza, che per raccogliere dei frutti non basta seminare ma occorre che il terreno sia compatibile al seme, oggi, dopo quasi un anno di impegnativa attività, possiamo dire che il SIAP ha dimostrato con i fatti, di distinguersi per quella fertilità intrinseca, non corporativa, che mai come oggi è necessaria per dialogare con la categoria, lasciando spazio ad una progettualità sindacale che a Genova ha raccolto da subito ottimi risultati arrivando a toccare in pochi mesi la rappresentatività sindacale del 20%, contribuendo a far crescere il lusinghiero dato nazionale del SIAP.
Sono momenti difficili per i valori sindacali confederali che sempre più con fatica riescono a raggiungere e dare risposte ai bisogni delle varie categorie lavorative.
La miopia della politica fai da te, sempre più gridata e sempre meno ragionata sta offuscando la vista di chi attacca o lascia attaccare indiscriminatamente il mondo sindacale, indebolendolo e nello stesso tempo alimentando disaffezione o ancor peggio, fenomeni corporativi dannosi per il mondo del lavoro.
Limitarsi al messaggio confederale senza dialogare con la base è l'inizio della fine di un modello che è stato un punto di riferimento per il mondo del lavoro dal dopo guerra ad oggi.
Fenomeno ancor più acuto all'interno di categorie specifiche come la nostra che hanno tra i compiti istituzionali anche quello di gestire il disagio sociale e che spesso vengono considerate la controparte di chi scende in piazza a rivendicare diritti.
Piazza che spesso viene strumentalmente utilizzata da chi si nasconde dietro la legittima protesta con propositi destabilizzanti.
Il SIAP dimostra con i fatti di saper infondere in categoria i valori democratici del sindacato facendo però rispettare la specificità professionale delle lavoratrici e dei lavoratori democratici della Polizia di Stato che ogni giorno operano sul territorio per la sicurezza della gente.
Non dimentichiamo che la nostra “specificità” rappresenta lo strumento contrattuale più forte sul quale possiamo contare per tutelare e valorizzare il Comparto Sicurezza.
Infatti solo grazie al suo riconoscimento abbiamo ottenuto risultati insperati come lo sblocco del tetto salariale e per ottenerne altri occorre prima di tutto continuare ad essere credibili agli occhi della società che ci circonda, a partire dai cittadini che sono i primi che s'indignano di fronte alla carenza degli stipendi delle forze dell'ordine.
Per poter riuscire a confrontarsi a tavoli NON negoziali con un Amministrazione forte di deleghe governative su argomenti determinanti per il futuro del Comparto Sicurezza, quali Riordino delle Carriere o rinnovi contrattuali, il SIAP ha bisogno di far valere il peso della professionalità della categoria e per farlo occorre tener duro il più possibile sul territorio rivendicando il rispetto delle normative contrattuali e sindacali per non snaturare l'importanza del ruolo istituzionale dei Ruoli della Polizia di Stato.
Su questo aspetto tengo a precisare che il nostro sindacato, in un momento organizzativo così complesso per un Dipartimento della Pubblica Sicurezza che soffre le conseguenze dei pesanti tagli economici subiti da almeno 15 anni, è l'unico ad avere la coerenza, la volontà e la forza, di rivendicare un riordino delle carriere il più possibile equilibrato in grado di capitalizzare al meglio le risorse economiche nel rispetto delle qualifiche e dei ruoli, compreso il Ruolo Tecnico della Polizia di Stato, Ruolo che se adeguatamente valorizzato e responsabilizzato può contribuire efficacemente a migliorare la funzionalità complessiva degli organici a disposizione.
Per essere credibili occorre tenere alto il livello di professionalità della categoria e a Genova per farlo abbiamo dovuto mettere in campo battaglie che hanno rappresentato e rappresentano dei momenti politico-sindacali importanti che ci hanno permesso di il lavoro dei poliziotti e nello stesso tempo tutelare la dignità del ruolo sindacale.
Scelte difficili a volte anche aspramente conflittuali nei confronti della nostra Amministrazione.
Vertenze complesse ma doverose, basate su argomenti concreti, fondati e delicati: dalla sicurezza sui luoghi di lavoro, la salute delle lavoratrici e dei lavoratori ed il rispetto dei vincoli contrattuali.
Un attività costante all'interno della categoria ma rivolta sempre di più verso all'esterno.
Verso quel tessuto sociale che non solo ci circonda ma che soprattutto ci contiene.
Il ruolo del sindacato in polizia è complesso ed articolato proprio perché oltre a lottare quotidianamente per cercare di garantire il rispetto delle regole contrattuali, deve impegnarsi per ottenere strumenti e mezzi adeguati per poter lavorare.
Potrebbe sembrare paradossale ma è proprio così.
Lotte imbarazzanti per ottenere divise dignitose, ambienti di lavoro puliti e decorosi o dispositivi di protezione individuali per potersi proteggere da rischi biologici o chimici.
Ma non finisce qui visto che un sindacato che lavora sul territorio, come la nostra struttura provinciale, impegnata a dare un costante contributo per rendere maggiormente funzionale l'attività della Polizia di Stato, si trova ad interfacciarci con un tessuto istituzionale che purtroppo dimostra oggettivamente una mancanza di contatto e conoscenza concreta delle vere problematiche della nostra realtà lavorativa, criticità che spesso derivano da carenze di risorse e mezzi.
A tal proposito siamo intervenuti spesso per denunciare situazioni incredibili che in molte altre città italiane non sono nemmeno immaginabili, che dimostrano la gravità di tale preoccupante fenomeno.
Un esempio su tutti il caso dello sfratto esecutivo da parte della Città Metropolitana del palazzo della Questura di Genova che, tra l'altro, è stato messo addirittura all'asta.
E' preoccupante e demotivante per i poliziotti ma anche per i cittadini genovesi che il Dipartimento della Pubblica Sicurezza riesca ad inaugurare Questure nuove e fiammanti sul territorio nazionale anche in collaborazione con gli enti locali (per esempio Pistoia – Trieste – Pordenone ect..) mentre a Genova si trovi “in bolletta” per il mancato pagamento di ben 570 mila euro per l'affitto della questura e che non si siano ancora create le condizioni per trovare un intesa politico-istituzionale idonea a risolvere tale incresciosa situazione.
Una questura che versa in condizioni logistiche pietose. Dove la pulizia e l'igiene sono a dir poco carenti e che dopo l'ultima alluvione che ha colpito la nostra città non dispone nemmeno di spogliatoi, docce per i poliziotti e dispositivi per l'abbattimento delle barriere architettoniche , così le persone disabili, che devono presentare per esempio una denuncia, lamentano situazioni di disagio.
Si tratta di un esempio emblematico che dimostra quanto ci sia ancora da lavorare che per migliorare la sicurezza sul nostro territorio attraverso quel dialogo istituzionale che, se recuperato, contribuisce ad alimentare la connessione all'interno del tessuto sociale tra i bisogni della gente e nel nostro caso, agevolerebbe l'abbattimento di quella insicurezza percepita, che i cittadini lamentano da tempo.
cittadini che però restano inascoltati anche quando arrivano a raccogliere più di 1000 firme per evitare lo spostamento del commissariato di piazza Matteotti da Centro Storico di Genova deciso dalla questura. Genovesi che sono scesi in piazza per dare solidarietà ai poliziotti del commissariato centro che in massa, per protesta, hanno presentato domanda di trasferimento.
Il risultato ad oggi è sconfortante visto che beffardamente sono stati addirittura esclusi da quelle categorie di lavoratori che possono accedere allo ZTL per particolari esigenze professionali, creando disagio operativo anche a chi svolge attività investigativa nel Centro Storico.
Riteniamo sia fondamentale confrontarci con le Istituzioni locali, per rappresentare le preoccupazioni di una categoria che, in pieno allarme terrorismo e quindi in un momento delicatissimo per la sicurezza del nostro Paese e del mondo intero, sa di essere un punto di riferimento per la cittadinanza ma che nello stesso tempo è consapevole di non essere nelle condizioni di poter dare una risposta concreta ed efficace a causa di limiti oggettivi che non dipendono esclusivamente dalle nota carenze di risorse, ma che hanno a che fare con una cronica mancanza di progettualità e di coordinamento territoriale dovute al sistematico abbandono delle politiche sulla prevenzione dei reati.
Quindi, fermo restando che la nostra categoria fa parte di un Comparto Sicurezza che come ho detto è stato pesantemente colpito da anni e anni di pesanti tagli governativi che si sono ripercossi sul territorio nazionale, quella che deve essere recuperata sul nostro territorio é quell'incisività investigativa e quell'autorevolezza istituzionale la cui mancanza ha alimentato la cosiddetta “desertificazione sociale” che ha contribuito a far crescere silentemente le infiltrazioni mafiose, il numero dei reati predatori e di conseguenza l'insicurezza percepita sul nostro territorio.
La scelta della Questura di sacrificare da troppi anni l'attività investigativa e la prevenzione a favore della sicurezza basata sull'asettico dato “statistico” rappresentato dal numero delle identificazioni raccolte durante i pattuglioni “mediatici nel Centro Storico, aggravata dalla mancanza di coordinamento con le altre Forze di Polizia, fanno sì che in Prefettura al Comitato per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica non giunga, sotto forma di progettualità politica, quel disagio che si idealizza nella cosiddetta “insicurezza percepita” che sempre più spesso i cittadini riversano sugli stessi poliziotti genovesi.
Situazione che viene aggravata da reiterate scelte demagogiche centrali inadeguate per il nostro territorio quali, per esempio quella del progetto “strade sicure” che, come da noi più volte denunciato, rappresenta addirittura un inutile aggravio ai carichi di lavoro che gravano sulle “forze territoriali” del Comparto Sicurezza.
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Quello che denunciamo da tempo è anche una mancanza di linea e strategia condivisa tra la Questura e le articolate Specialità e Specializzazioni presenti sul nostro territorio
Riteniamo necessario che Specialità fondamentali per la sicurezza della nostra città riacquistino al più presto quell'autorevolezza istituzionale necessaria per far valere il ruolo della Polizia di Stato in realtà dove, in pieno allarme terrorismo prima degli interessi privati devono prevalere le strategie d'intelligence per garantire la sicurezza dei cittadini.
Per esempio la Polizia di Frontiera, già fortemente impegnata ordinariamente nei controlli extraSchengen, subisce gli effetti di in aumento esponenziale di carichi di lavoro in condizioni organizzative inaccettabili.
Sono anni che il nostro gruppo dirigente rivendica rispetto istituzionale richiedendo l'adeguamento di luoghi di lavoro insalubri e pericolosi per le lavoratrici ed i lavoratori che operano sulle banchine del porto di Genova che nel 2016 oltre a non essere ancora dotate di gruppi elettrogeni per evitare che durante gli attracchi le navi tengano vergognosamente i motori accesi, non dispongono di aree sterili per evitare l'esposizione quotidiana ad agenti inquinanti cancerogeni (i poliziotti sono costretti ad indossare maschere di protezione durante i controlli documentali).
Purtroppo però l'Autorità portuale e Stazioni Marittime invece di investire in sicurezza continuano a non dare risposte alla Dirigenza della Polizia di Frontiera che è costretta addirittura a pianificare gli orari di lavoro previsti per i controlli documentali sulla base della pianificazione delle Compagnie di Navigazione improntata su quadranti confacenti ai loro interessi economici.
Situazione grave che in pieno allarme terrorismo diventa addirittura inaccettabile.
Ecco perchè anche in questa circostanza ci sarebbe bisogno del supporto "politico" della questura, magari all'interno del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, finalizzato a rendere maggiormente funzionali ed efficaci i rapporti con gli Enti che gestiscono ormai con criteri privatistici servizi pubblici importanti per la sicurezza dei cittadini, come il porto e l'aeroporto, oppure le Stazioni Ferroviarie dove la Polizia Ferroviaria soffre di analoghe problematiche legate soprattutto ai servizi di scorta sui treni che impegnano pesantemente i carenti organici rischiando di sguarnire la presenza della Polizia di Stato nelle stazioni.
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L'assenza di politiche sociali sulla sicurezza condivise con le istituzioni locali e la mancanza di coordinamento organizzativo hanno agevolato la scelta della Questura di concentrare principalmente l'attenzione e le risorse sulla gestione dell'ordine pubblico. In sintesi, possiamo dire che dal disastroso G8 del 2001 in poi tutto continua a concentrarsi sulla gestione di tali servizi.
Lo shock subito dai gravi fatti verificatesi in occasione di quel drammatico evento, che ha visto la Polizia di Stato genovese “commissariata” da scelte politiche governative, ha da oltre 15 anni condizionato l'utilizzo delle risorse a disposizione prevalentemente ad appannaggio della gestione dei tanti servizi di Ordine pubblico in città ( Stadio, manifestazioni ecc..), sacrificando a questi fondamentali risorse per i servizi atipici di Polizia, indagini ed investigazioni, ovvero attività che consentono di limitare il perpetrarsi dei reati che, infatti, continuano crescere.
Un modello di ordine pubblico condizionato da un certo timore della piazza.
Una piazza che deve essere assolutamente tutelata e preservata attraverso la massima mediazione quando dimostra di essere democratica, portatrice di valori e quando rivendica diritti e posti lavoro ma dalla quale dobbiamo prendere al più presto le distanze quando si dimostra destabilizzante e pretestuosa, per questo non condividiamo la scelta delle mediazioni “ad ogni costo” anche quando non ci sono adeguate condizioni di affidabilità.
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E' superfluo ricordare che mai come in questi giorni abbiamo bisogno d'intelligente sul territorio.
Per questo siamo fermamente convinti che all'interno del Comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica provinciali, il contributo delle istituzioni locali che hanno un ruolo consultivo, sia il frutto di un elaborazione politica in grado di poter discernere la differenza tra l'aspetto operativo, inerente il mantenimento dell'ordine pubblico ed il concetto di “sicurezza sociale” che purtroppo sul nostro territorio non è mai stato analizzato ed approfondito attraverso un reale coordinamento istituzionale.
La necessaria e fondamentale polizia di prossimità, quella più a contatto con le esigenze e bisogni dei cittadini, ed incarnata soprattutto dagli uffici periferici quali i Commissariati o le squadre investigative della Squadra Mobile o delle Specialità è invece da tempo trascurata soprattutto sulle assegnazioni di mezzi e uomini, così da rendere questi Uffici al collasso.
Recentemente abbiamo approfondito nei dettagli le condizioni dei 9 Commissariati presenti sul territorio provinciale genovese, raccogliendo dati e riscontri oggettivi che abbiano consegnato alla Commissione Sicurezza e Sanità della Regione Liguria che recentemente ha audito il SIAP di Genova sulle problematiche della sicurezza sul territorio di propria competenza.
Per dare un idea della gravità della situazione organizzativa dei presidi di prossimità di sicurezza della Polizia di Stato della provincia di Genova è sufficiente considerare che negli ultimi 20 anni i loro organici hanno subito una drastica riduzione (in media dal 35 al 45 per cento!!!).
L'aspetto più preoccupante che emerge dall'analisi di questo fenomeno sta nel fatto che la scelta di dilapidare gli organici dei Commissariati e delle Squadre Investigative sul territorio non corrisponde ad una assoluta mancanza di personale, visto che la questura di Genova negli ultimi anni ha beneficiato di un rinforzo di che ha permesso di recuperare seppur parzialmente, la carenza degli organici previsti dalle piante organiche ministeriali (negli ultimi 5 anni siamo passati da una carenza del 35% all'attuale 25% rispetto al dato previsto nel 1989).
Ebbene a fronte di un iniezione di risorse disponibili si preferisce mantenere un cospicuo bacino di personale presso il cosiddetto Nucleo Servizi a disposizione di quei servizi istituzionali legati, come dicevo prima, agli aspetti mediatici che gravitano intorno alla gestione dell'ordine pubblico.
Scelta che di riflesso va a snaturare e svilire la professionalità e la competenza del 6° Reparto Mobile di Genova Bolzaneto che viene forzatamente utilizzato sul territorio genovese in servizi di ordine pubblico “mascherati” da controlli sul territorio nel Centro Storico: un altro spreco di risorse e mezzi che potrebbero essere invece utilizzati per le esigenze reali di ordine pubblico esistenti sul territorio nazionale a supporto di reali criticità soprattutto di soccorso pubblico (per esempio la gestione dell'emergenza sbarchi dei profughi sulle coste italiane)
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Gli appartenenti alla Polizia di Stato sono lavoratrici e lavoratori come tutti gli altri e come tali hanno diritto a tutelare la propria dignità professionale rivendicando, attraverso il sindacato, il giusto riconoscimento economico, i diritti contrattuali ed il diritto a lavorare sicuri sui luoghi di lavoro.
A Genova in questi ultimi anni il nostro gruppo dirigente ha portato avanti battaglie importanti e difficili per salvaguardare la salute dei poliziotti raggiungendo obbiettivi importanti che ci hanno contraddistinto per coerenza su un argomento ostico da trattare visto l'arduo ruolo svolto dalle segreterie provinciali dei sindacati di polizia che,nell'ambito delle cosiddette “Aree Riservate” si sostituiscono impropriamente a quei Rappresentanti della Sicurezza dei Lavoratori che non sono mai stati eletti seppur siano già trascorsi 22 anni dall'entrata in vigore del Decreto Legislativo 626 del 1994 sostituito poi dal Decreto Legislativo 81 del 2008.
La mancanza di un radicamento culturale all'interno delle Forze dell'ordine sul diritto alla salute dei lavoratori è un limite che ci penalizza moltissimo nell'articolato mondo del lavoro italiano.
La carenza purtroppo parte dalla mancanza di formazione adeguata della dirigenza che, tranne qualche eccezione che conferma la regola, tende a vivere con fastidio le regole imposte dalla norma su questo delicato argomento.
Inoltre l'assenza di una concreta autonomia funzionale da parte degli organi di controllo interni che in qualità di Organo di Vigilanza dovrebbero sanzionare i nostri datori di lavoro, rende inefficace l'importante ruolo educativo insito in quelle “prescrizioni” che di fatto difficilmente vengono inflitte a coloro che non rispettano la salute della lavoratrici e dei lavoratori.
Per questo noi riteniamo necessaria ed urgente una modifica normativa che possa consentire interventi maggiormente efficaci all'interno delle nostre Aree Riservate, a partire proprio dal tanto atteso decreto attuativo del decreto legislativo 81/08 che dovrebbe sostituire il precedente Decreto Ministeriale 450/99 che fu emanato sulla base dell'ormai abrogato Decreto Legislativo 626/94.
Le nostre battaglie, le più dure, le abbiamo portate e le stiamo portando avanti proprio quando di mezzo c'era e c'è la salute dei colleghi.
Sulla sicurezza non c'è mediazione.
Sulla sicurezza non ci si può accontentare di un pareggio.
Sulla sicurezza ci vuole solo ed esclusivamente la certezza che le lavoratrici ed i lavoratori lavorino nel rispetto delle regole.
Per questo abbiamo dovuto fare scelte anche estreme nei confronti dell'Amministrazione e la battaglia a tutela del Ruolo degli RLS e del nostro delegato rimosso ingiustamente dalla DIGOS ne è la dimostrazione.
Una battaglia che parte dalla scelta legittima del Siap di aver la certezza che i poliziotti impegnati ad operare istituzionalmente nell'ambito interno ed esterno dei cantieri della TAV operativi sul territorio genovese non siano esposti al rischio esposizione amianto. Battaglia che tra l'altro è portata avanti anche dalle rappresentanze di altre categorie di lavoratori che operano nel settore dell'estrazione mineraria.
Proprio in questi giorni abbiamo avuto la soddisfazione di aver ottenuto il riconoscimento da parte del Giudice del Lavoro della CONDOTTA ANTISINDACALE della Questura di Genova che adesso dovrà riconoscere il ruolo degli RLS e fornire ufficialmente i dati dei rilevamenti dell'amianto nel cantiere TAV di Cravasco che il SIAP ha fortemente e legittimamente rivendicato.
Una vittoria importantissima che farà come si suol dire “giurisprudenza” perché abbatte finalmente un muro e fissa un precedente giuridico fondamentale per il riconoscimento al diritto per la salute dei poliziotti anche al di fuori dalle “caserme”, dove qualcuno ci vorrebbe anacronisticamente relegare.
Inoltre con questa senza ha trionfato il diritto alla trasparenza visto che adesso è stato il Giudice del Lavoro ad ordinare perentoriamente all'Amministrazione di fornire dati che in molti hanno detto di aver visto (comprese molte altre sigle sindacali) ma che al momento non risultano nemmeno inseriti negli atti processuali..
Un successo che comunque non ci farà indietreggiare di nemmeno un millimetro in merito al trasferimento ingiusto del nostro delegato della DIGOS, per il quale porteremo avanti sino in fondo la nostra battaglia, rafforzati da una sentenza che finalmente farà giurisprudenza sul territorio nazionale e che riconoscendo il rispetto delle attribuzioni degli RLS della Polizia di Stato ci permetterà di ottenere giusta soddisfazione per il nostro dirigente sindacale che tuteleremo nelle giuste sedi.
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La nostra categoria insieme alle altre forze dell'ordine, giorno dopo giorno diventa un punto di riferimento delle persone che hanno bisogno di risposte che da troppo tempo non arrivano da chi governa gli aspetti sociali sul territorio e queste persone spesso fanno parte delle fasce più deboli, ovvero quelle che devono affrontare la dura quotidianità.
Il bisogno non ha razza età e sesso e molto spesso alla richiesta di aiuto, chiarimenti e certezze i poliziotti non sono nelle condizioni di dare risposte.
Carenza di risorse, mezzi e strumenti giuridici adeguati e, nel caso della tragedia umanitaria che ha messo in atto un vero e proprio esodo biblico verso le nostre frontiere di persone disperate che fuggono dal disagio e dalla morte, mancanza di collaborazione internazionale all'interno di un Europa che giorno dopo giorno fa emergere i limiti di un contenitore sempre più vuoto di valori unitari.
L'impossibilità di soddisfare risposte e bisogni è un peso che inevitabilmente e spesso impercettibilmente, ricade sugli operatori delle forze dell'ordine tramutando in disagio psicologico tale impotenza istituzionale.
L'esposizione al rischio da da stress correlato per le lavoratrici e lavoratori della Polizia di Stato è un fenomeno noto che purtroppo interessa una categoria particolarmente esposta a tale problematica.
Situazione che deve essere affrontata con attenzione per evitare effetti negativi e beffardi a danno di chi, oltre ad essere esposto a tale rischio purtroppo potrebbe essere già interessato da disturbi psicologici dovuti alla mancata prevenzione.
Personalmente posso dire di aver contribuito attivamente all'abbattimento parziale del muro di gomma che impediva addirittura la valutazione del rischio da stress correlato all'interno della Polizia di Stato, visto che ho firmato nel 2013 l'interpello presentato alla specifica commissione competente presso il Ministero delle Politiche Sociali grazie al quale è stato ottenuto il formale riconoscimento di tale rischio specifico e di conseguenza l'attivazione delle procedure di valutazione all'interno del Dipartimento della Pubblica Sicurezza.
Da allora purtroppo abbiamo ottenuto scarsissimi progressi assistendo ad un rincorrersi di esperti medici (anche della Polizia di Stato in veste sindacale) opinionisti, criminologi o quant'altro, impegnati più che altro a dichiarare che la categoria dei poliziotti è una di quelle più stressate.
In realtà si tratta di una preoccupante ma ovvia constatazione, figlia di un attività lavorativa che per la sua specificità e l'inesistenza di supporto psicologico espone inevitabilmente la categoria a tale rischio professionale.
Siamo preoccupati di fronte alla forte sovraesposizione mediatica in atto dei poliziotti italiani che sono stati etichettati come una categoria di "stressati" mentre nessuno evidenzia che in Italia all'interno della Polizia di Stato il rischio rischio da esposizione da stress correlato VIENE GIÀ VALUTATO DA ALMENO DUE ANNI seguendo però delle linee guida inadeguate e addirittura controproducenti.
Mi riferisco al delicatissimo nodo della cosiddetta SORVEGLIANZA SANITARIA che il Dipartimento ha previsto FORMALMENTE di applicare nel caso in cui alla fine del percorso di valutazione ai poliziotti venisse riconosciuto uno stress da lavoro correlato al di sopra dei parametri stabiliti, senza però che nessuno abbia mai specificato che tipo di sorveglianza dovrà essere applicata per scongiurare l'eventuale insorgenza di patologie dovute a tale esposizione.
L'aspetto più preoccupante e paradossale di questa problematica sta nel fatto che il Dipartimento della Pubblica Sicurezza ad oggi, pur riconoscendo che lo stress correlato non è una patologia, non ha ancora fornito formali indicazioni in merito all'eventuale applicazione del provvedimento cautelare che prevede il ritiro dell'armamento individuale e della tessera di servizio (il cosiddetto art. 48)
Tale assordante silenzio pone in grave difficoltà che sul loro territorio sono i responsabili diretti della sicurezza dei poliziotti (Questore e Dirigenti Specialità e Specializzazioni) che non sanno dare risposte alle legittime richieste del nostro sindacato su un argomento così delicato.
Situazione pericolosa e deleteria perché senza specificare il tipo di sorveglianza e addirittura non sgombrando il campo dall'eventuale applicazione dell'art.48 saranno gli stessi poliziotti che si sottrarranno da una valutazione seria e purtroppo quelli bisognosi di essere eventualmente curati resteranno abbandonati al loro destino.
Per questo riteniamo che non sia sufficiente sponsorizzare l'uscita di qualche libro o rimarcare che i poliziotti sono stressati, per affrontare il gravissimo problema dello Stress in Polizia. Il SIAP cerca di farlo partendo dalla radice del problema ovvero riconoscendo certamente l'elevata esposizione al rischio stress correlato ma pensando anche ad introdurre soluzioni concrete ad un fenomeno che oltre ad andare sui giornali deve essere affrontato a tutela della categoria e della sicurezza democratica che ogni giorno i poliziotti forniscono ai cittadini tra mille difficoltà che l'Amministrazione dovrebbe risolvere.
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Mi avvio alle conclusioni ritornando a mettere in evidenza la forza del gruppo dirigenziale del Siap di Genova che, malgrado il maldestro ostruzionismo personalistico subito, è riuscito a dare continuità ad un percorso che ha contraddistinto la storia sindacale genovese degli ultimi 15 anni, mantenendo un fortissimo radicamento in tutti gli uffici e reparti della provincia.
L'attività sindacale non corporativa, aperta al dialogo istituzionale costruttivo alla ricerca di soluzioni sul miglioramento della sicurezza sul nostro territorio, ci permette di seguire con coerenza un unico filo conduttore che unisce idealmente la Questura, i Commissariati, le Specialità e le Specializzazioni della Polizia di Stato genovesi.
Non ci devono essere “muri virtuali” ma coordinamento reale anche con le altre forze dell'ordine. Ognuno con la propria specificità che, come ho detto in apertura, distingue e valorizza ma nello stesso tempo occorre essere uniti per dare maggior sicurezza al nostro territorio.
Una città con uno dei più grandi Centri Storici europei, il secondo porto del mediterraneo, due grandi stazioni ferroviarie, tre tratte autostradali tra le più rischiose d'Italia per l'eccessivo numero di chilometri senza terza corsia e numero di gallerie.
Una città che risulta tra le prime in Italia per il numero di servizi di ordine pubblico in piazza, dentro ed intorno ad uno stadio collocato pericolosamente in un inadeguato contesto urbano.
Tutto questo significa carichi di lavoro che impegnano quotidianamente quel che rimane di organici delle forze territoriali della Questura e dei Commissariati, della Polizia di Frontiera, della Polizie Ferroviaria, della Polizia Stradale, del Reparto Mobile, Reparto Prevenzione crimine, Polizia Postale, Polizia Scientifica, Dia, Nop, Autocentro, TLC.
Noi siamo con loro ogni giorno vicino a tutta la categoria e l'obiettivo del SIAP è quello di crescere portando avanti con coerenza i valori per i quali lottiamo da sempre.
Tutto questo continuiamo a farlo con convinzione e coerenza consapevoli di essere su un territorio importante per i propri valori sociali e per la posizione strategica che pone la nostra provincia e la nostra regione come "porta" verso il cuore di una Europa che mai come oggi ha bisogno di ritrovare una sua identità.
Per questo vado a concludere questa mia relazione, introducendo con particolare soddisfazione la nostra tavola rotonda che tratterrà un argomento attuale e delicatissimo che per i contenuti formativi è stato considerato dalla Questura utile per l'aggiornamento professionale di tutti i poliziotti della provincia di Genova.
Il valore del ruolo svolto dalla nostra categoria di fronte al dramma di migliaia e migliaia di profughi che fuggono da guerre, violenze e distruzione è importatissimo ma nello stesso tempo molto difficile..
Noi siamo poliziotti europei e dovremmo affrontare uniti e solidali con i colleghi delle altre nazioni europee questa tragedia umanitaria..
Invece in questi giorni emergono impietosamente i limiti politico-sociali di un Europa che dimostra di essere un grande contenitore vuoto di valori condivisi.
Triste dirlo ma è proprio così..si confondono strumentalmente le ragioni di una legittima strategia comune per combattere il terrorismo islamico, con il dovere etico di accoglienza di quelle persone...tantissime e disperate che fuggono dalla morte.
In mezzo a tutto ciò si trova anche la nostra categoria che ha il gravoso e sempre più arduo compito istituzionale di garantire democraticamente il rispetto delle nostre leggi e specialmente i dogmi della nostra Costituzione che hanno contraddistinto la nostra democrazia dal dopo guerra in poi e che sono messi in discussione dalla grave mancanza di equilibri politici europei in grado di far tesoro delle drammatiche esperienze storiche che le nazioni del nostro continente dovrebbero tenere ben presenti dopo aver vissuto gli orrori della seconda guerra mondiale.
Per questo i poliziotti democratici non ci stanno a farsi utilizzare mediaticamente come è successo recentemente al Brennero durante gli ampiamente annunciati scontri con chi delinquendo ha avuto gioco facile ad accaparrarsi la scena a discapito della nostra categoria...un copione che a Genova abbiamo già visto e che per questo non intendiamo accettare per il futuro..
Concludo veramente il mio intervento con un contributo al dibattito che si svilupperà durante la tavola rotonda riportando il difficile impatto che a Genova la nostra categoria ha dovuto affrontare circa due anni fa di fronte ai primi importanti arrivi di migranti sul nostro territorio.
Non funzionava nulla, tutto era lasciato al caso: non c'erano punti d'accoglienza e le persone stanche, ammalate in condizioni igieniche preoccupanti venivano raggruppate addirittura dentro la Questura (già ..quella sotto sfratto..)
Le visite sanitarie venivano effettuate all'interno dell'ufficio denunce..
Si lavorava senza nessuna indicazione sui metodi identificativi da adottare...mentre in città esplodeva la psicosi dei profughi..
Ebbene da allora ad oggi qualcosa è stato fatto, si è passati dalla Questura ai locali comunque fatiscenti della Fiera del Mare dove gli stessi colleghi erano costretti ad acquistare a proprie spese dispositivi di protezione individuali e gel disinfettanti per apoter lavorare, per poi arrivare all'attuale collocazione (anche se ancora migliorabile) di Campi.
Il mondo dell'associazionismo si è messo in moto e qualche disagio è stato migliorato, ma non basta.. bisogna migliorare norme che consentano a chi è preposto ai controlli di poter lavorare con certezza giuridica, nello stesso tempo trovare più spazi per accogliere chi continuerà ad arrivare.
Non sono i “muri” o la chiusura dei centri di accoglienza che risolvono i problemi, anzi le chiusure “ideologiche” su temi così delicati sono pericolose perché alimentano l'insofferenza, il fastidio e, all'interno della nostra categoria, rigurgiti corporativi che fanno male all'immagine della polizia democratica.
Per questo siamo orgogliosi di aver organizzato l'evento odierno auspicando che attraverso un confronto costruttivo si possa contribuire a fornire elementi utili per consentire alla nostra categoria di lavorare con gli strumenti giusti a supporto di un fenomeno sociale così delicato..
Genova, 13 maggio 2016
Il Segretario Generale Provinciale
Roberto Traverso