TAVOLA ROTONDA - LA LEGITTIMA DIFESA: L’ordinamento italiano e l’evoluzione del crimine violento
IL 24 GIUGNO 2017 ALLE ORE 09,00 PRESSO LA SALA MAGNOLIA DELL' HOTEL RESORT FOUR SPA -via Nazionale Acicastello
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La legittima difesa:
L’ordinamento italiano e l’evoluzione del crimine violento
Come tutti i fenomeni umani, anche la violenza nei crimini ha avuto nel tempo una sua evoluzione, dovuta indubbiamente a fattori plurimi di natura socio-culturale. Nel nostro Paese, ad esempio, nell’ultimo decennio ha influito assai significativamente, la crisi socio-economica, acuita da un’immigrazione clandestina indiscriminatamente crescente, determinando, fra i tanti fenomeni correlati, anche, una crescita e recrudescenza operativa dei c.d. reati predatori e più in generale contro la persona.
Con l’arrivo di un’incontrollabile massa d’immigrati clandestini, proveniente da aree Magrebine, Sub-Sahariane e Medio Orientali, non a caso si stanno registrando sempre più, la consumazione di reati con un modus operandi per certi versi inusuale, in quanto particolarmente aggressivi, sia nei confronti delle vittime che delle stesse forze dell’ordine che li contrastano. Una violenza perpetrata con ogni strumento a loro disposizione, armi proprie, improprie (ne sono testimonianza tanti reati perpetrati da soggetti provenienti dall’est europeo o da ex miliziani provenienti da aree geografiche in perenne conflitto), ma anche a mani nude e nei confronti di ogni soggetto, anche appartenenti a fasce deboli quali anziani, donne e bambini. Prede assai facili, in cui la predominanza fisica è determinante per la facile riuscita dell’intento criminoso, determinando, talvolta, il ferimento anche mortale delle vittime. Altro fattore sempre più presente, è l’uso di armi “giocattolo” che oggi riproducono fedelmente revolver o pistole semiautomatiche che traggono in inganno anche le forze dell’Ordine. Molti giovani criminali, spesso per tracotanza o per l’effetto di stupefacenti, non esitano a puntare l’arma giocattolo o da taglio verso chi detiene una arma vera, con tutte le relative conseguenze del caso.
Ad aggravare tale contesto, contribuisce non poco, l’espansione demografica popolare nel territorio che, negli anni è stata spesso concentrata in specifici comprensori residenziali limitrofi ai grossi centri urbani, creando veri ghetti, spesso isolati e difficilmente controllabili dai piani di controllo del territorio, divisi tra le forze dell’ordine a competenza generale, quali la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri, quest’ultima spesso isolata nelle piccole stazioni di provincia.
E’ da sottolineare che spetta alle forze dell’ordine la difesa del cittadino, le uniche deputate ad espletare l’incessante opera di controllo del territorio pur crescendo sempre più il “sentiment” popolare di assicurarsi una difesa personale, tramite la detenzione di un’arma.
Ed è proprio su questo argomento che si aprono molti spunti e riflessioni, ma credo che l’esigenza di discussione si può sintetizzare in due domande:
a)Il cittadino che si arma, quali rischi corre per la propria incolumità fisica e a quali responsabilità soggettive può andare incontro, dal suo utilizzo?
b) quali metodi di contrasto le forze dell’ordine eseguono nei nuovi scenari criminali e a quali rischi penali e patrimoniali sono esposti i singoli operatori ?
In Italia l’azione penale è obbligatoria, quindi il cittadino che nel subire una aggressione fa uso dell’arma, cagionando lesioni o il ferimento mortale dell’aggressore, sarà iscritto nel registro degli indagati. Quindi inevitabilmente la persona, già sconvolta dalla violenza subita sarà oggetto di dovute indagini e di una serie di accertamenti giudiziari che in linea di massima prevedono: Gli obblighi previsti per la persona indagata, la sottoposizione ad accertamenti a cui non è abituato, ( ricostruzione dei fatti- testimonianze ecc.) pubblicizzazione dell’evento, ( mass media) il caso politico ( si tende a strumentalizzare l’episodio a fini politici) eventuale rinvio a giudizio, processo, eventuale condanna e risarcimento del danno, assoluzione o archiviazione e altri casi specifici.
Si deve tenere conto che nel caso di morte del reo, oltre alle conseguenze di natura giudiziaria, possono sopravvenire situazioni di persecuzione da parte dei parenti delle vittime e giudizi severi per se e i propri familiari - comunque sia la propria vita quotidiana subisce conseguenze che durano troppo tempo e spesso non sono riconosciute -. Il dispositivo normativo, appare ancora carente rispetto alle condizioni di efferatezza degli episodi criminali, specialmente se il reo oppone una forza fisica non contrastabile dalla vittima che ricorre alle armi. La legittima difesa putativa o la causa di esclusione del reato, viaggiano su profili psicologici molto delicati, ove chi si difende spesso può ricorrere a reazioni “adrenaliniche” che potrebbero aggravare la posizione soggettiva durante le fasi d’indagine ( ad es: il soggetto che scarica l’itera arma contro l’avversario - spesso uno due colpi non rendono immediatamente inerme l’aggressore o chi spara non si rende conto del numero di colpi esplosi). Diversi sono gli episodi di esercenti di una attività e/o semplici cittadini che nel ricorrere alle armi, per reazioni anche condivisibili, si sono imbattuti in situazioni che magari appaiono non giustificabili nella reazione, ma è anche vero che nessun cittadino dovrebbe trovarsi in queste condizioni di stress, poiché lo Stato deve garantire la sicurezza del cittadino attraverso le proprie forze di Polizia. Forze di Polizia che vanno assolutamente supportate da strumenti legislativi più attuali e maggiori risorse per gli ammodernamenti e addestramenti.
Altro dato determinante è relativo all’attuale normativa sul rilascio di porto d’armi o la semplice detenzione, prevede una corposa serie di accertamenti amministrativi, ma ben poco riguardo i profili fisici, psicologici e gli aspetti “operativi o sotto stress” che sono determinanti in caso di pericolo immediato.
Situazione altrettanto pericolosa, si avverte tra le forze dell’Ordine che indubbiamente registrano ulteriori fatti concreti e poco contrastabili. L’eccessiva aggressività da parte del reo che spesso si oppone fisicamente al tutore dell’ordine* per contrastarne il dovere d’ufficio, la irresponsabilità da parte di giovani che munitisi di armi giocattolo affrontano l’operatore, oppure nel fuggire puntano l’arma verso gli agenti di Polizia costringendoli a reazioni pericolose**, spesso si tratta di soggetti che affetti da sostanze psicotrope o alcool non rispondono ad ordinativi e minacciano aggressioni anche con arma da taglio. Diversi episodi possono essere citati con gravi danni ad operatori della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, ma anche alla polizia locale che seppur non direttamente impegnata al contrasto di attività di Controllo del territorio e prevenzione reati, si trova ad affrontare situazioni di particolare aggressività. La morte dell’operatore della polizia stradale aggredito durante un inseguimento, del militare dell’Arma preso a bastonate in un posto di controllo, il giovane minore che ha puntato un’arma giocattolo durante il tentativo di rapina ad un poliziotto che ha risposto al fuoco uccidendolo e tanti altri episodi di reazione fisica nei confronti di appartenenti le forze di Polizia, sono alcuni esempi, oppure molti altri casi in cui, l’inosservanza ad eseguire ordinativi impartiti dagli operatori di polizia occorsi, costringono gli stessi ad intervenire fisicamente*** ( molti i casi di cronaca). L’evento accaduto a Milano e successivamente a Bergamo pone anche degli interrogativi sul modus operandi, in caso di minaccia generica, quando il personale delle volanti intervenuto, non potendo dissuadere dai propositi il minacciante, ha prima tentando di renderlo inoffensivo con lo spray urticante senza esito e poi costretto a sparare alle gambe per renderlo incapace di nuocere, assumendosi i rischi derivanti all’azione di far fuoco, operazioni sempre rischiose per l’incolumità altrui, inaccettabile poi che a seguito di tali eventi l’operatore possa risponderne in via risarcitoria per colpa. Non è accettabile che le FF.O. italiane non possano usare strumenti utili a neutralizzare la minaccia, senza ricorrere alle armi da Fuoco ( es: pistola teaser o proiettili di gomma).
L’obiettivo di questo incontro oltre a discutere delle norme legislative in vigore, è di formulare suggerimenti, di illustrare ai cittadini l’attuale normativa, di chiarire l’importanza della denuncia o segnalazione alle FF.O per ogni loro esigenza, aspetti importantissimi per il controllo del territorio. Manifestare quale esigenza hanno le forze dell’ordine e la magistratura negli attuali scenari territoriali e di crimine senza confine, quali sistemi di dissuasione sono occorrenti alle FF.O per contrastare un crimine non più solo di casa nostra.
Il Segretario Siap
Tommaso Vendemmia