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In questo si concretizza la funzione primaria della riforma del sistema della sicurezza nazionale varata con la legge n.121 del 1981, la quale costituisce il tratto di un lungo percorso ben più complesso e articolato dell’evoluzione sociale, culturale e istituzionale dei corpi di polizia, che, oggi, a seguito della citata riforma sono al servizio dei cittadini, e non un malinteso mezzo di repressione al servizio del potere politico o giudiziario. Ragione per cui abbiamo scelto di avere un sindacato dei poliziotti, libero, forte, indipendente, che sia anche baluardo contro tutti coloro che attentano alla libertà dei cittadini e dello Stato Repubblicano e Democratico, non solo uno strumento di tutela e rappresentanza degli operatori/lavoratori di polizia, ma sentinella delle nostre libertà, per una società di persone libere che vivono in pace.
A volte si ha l’impressione che ci siamo assuefatti all’illecito e al mal costume, indifesi difronte alle difficoltà e ai tempi lunghi per ottenere giustizia, rispetto alla celerità dell’abuso e così, sempre più, viene eroso il valore della solidarietà e le ragioni delle regole condivise di una comunità. Siamo convinti che la libertà degli uomini passa attraverso il rispetto delle leggi, questo insegnamento non l’abbiamo dimenticato nemmeno quando abbiamo vissuto e sofferto le difficoltà di un mestiere duro nemmeno quando abbiamo patito e assistito a ingiustizie, o quando abbiamo constatato la denegata giustizia.
Un poliziotto deve crederci, ecco, questa è la legalità per noi, il continuare a credere nella Legge e nello Stato. Ma la legalità da sola non basta, deve essere accompagnata dalla Sicurezza Pubblica, dobbiamo rendere questo Paese e suoi cittadini sempre più sicuri, valorizzando il lavoro e le funzioni delle Autorità di Pubblica Sicurezza e degli appartenenti alla Polizia, per poter garantire il libero svolgimento delle libertà di tutti i cittadini. Siamo portatori del disagio del mondo che abbiamo l’onore di rappresentare, quello di tutto il personale di Polizia che spesso vive la delegittimazione del proprio lavoro e della funzione, perché rappresenta lo Stato.
Abbiamo sempre pensato che le libertà democratiche dell’incontrarsi, associarsi o manifestare il dissenso vadano garantite rispettando sia le esigenze di ogni persona che dell’intera collettività. Le funzioni di tutela di questi diversi interessi di rilievo costituzionale, sono prerogativa dello Stato e dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza al cui vertice è preposto il Ministro dell’Interno che esercita le funzioni di Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza, quindi del Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, del Dipartimento di Pubblica Sicurezza e delle Autorità di Provinciali e locali di Pubblica Sicurezza e della Polizia di Stato.
Tali funzioni sono spesso messe in discussione, attraverso strumentali e faziosi dibattiti di parte o di scontro politico e sindacale, tra le diverse visioni dei partiti, ma siamo persuasi che le nostre funzioni, come quelle giudiziarie non possano essere messe nel tritacarne della politica dai rappresentanti delle Istituzioni, compresa una parte significativa della magistratura associata. Questo modo di fare contrasta con i principi dell’etica pubblica e certamente non aiuta la cultura dei diritti e doveri o del rispetto delle regole, favorendo così le interferenze etiche quando non di facciata, che accelerano i processi di decadenza. Quando a detti processi partecipino soggetti che fanno parte delle Istituzioni, gli effetti negativi sono inevitabili per la nostra categoria, per la polizia e per i cittadini.
E’ di tutta evidenza che la Polizia rende alla collettività attraverso il mantenimento dell’ordine pubblico, un servizio che deve rivelarsi come l’indicatore della qualità democratica del Paese e della sensibilità civile del suo sistema politico di governo. In ciò risiede l’essenza stessa della democrazia, che richiede il giusto contemperamento di libertà e legalità, cioè il diritto di manifestare liberamente il proprio dissenso nel rispetto delle libertà sancite nella Costituzione.
L’esperienza conferma che spesso le forme di protesta portano alla radicalizzazione del confronto – conflitto e sfociano inevitabilmente in manifestazioni con tratti violenti e preordinati. E di fronte al dramma delle degenerazioni violente della protesta, è inevitabile che sul personale di polizia si scarichino le tensioni sociali e politiche incombenti e irrisolte che non hanno trovato soluzione in altre sedi.
Non comprendere questo significa non voler comprendere né il nostro ruolo né il valore della nostra missione. Serve allora un grande senso di responsabilità̀, che sappia gestire i confini fra il dissenso e la protesta della piazza, così come vanno delineati con chiarezza limiti e forme entro i quali dissenso e protesta non rischino di valicare il confine della tutela delle altre libertà e degli altri diritti.
Siamo sempre più convinti della necessità di elaborare, affinare e realizzare nuovi modelli di formazione dei poliziotti, mirati a dare risposte idonee e calibrate, tenendo conto delle nuove forme di violenza a cui spesso assistiamo, anche in occasione delle manifestazioni sportive. Serve un programma di investimento finanziario pluriennale, e una iniziativa riformatrice sul piano legislativo. Chiediamo alla politica nel suo complesso una assunzione di responsabilità in ordine delle questioni sollevate.
Signor Presidente, Le chiediamo di aiutarci a far crescere un clima di civiltà nel quale la violenza sia bandita e una rinnovata solidarietà si stabilisca intorno a chi è chiamato a gestire emergenze difficili, complesse e delicate.
Perché, poi, in caso di errore, noi lo sappiamo bene, siamo oggetti di polemiche strumentali dei mass media, cui spesso viene delegato dal montante conformismo il compito di stabilire i confini fra il giusto e l’ingiusto e quindi di attribuire le responsabilità̀ di quel che accade. Attribuzioni molto spesso, è amaro constatarlo, a senso unico. Noi Poliziotti democratici figli della “riforma di polizia” che affonda le sue radici sociali e culturali, nei dimenticati scontri di Valle Giulia, crediamo invece di avere cultura democratica e sensibilità̀ istituzionale che non merita processi sommari, che finiscono per avere una funzione oracolare e sanzionatoria.
Abbiamo la consapevolezza di essere parte integrante del mondo del lavoro e insieme protagonisti di una società aperta, senza per questo dover rinunciare ai nostri diritti, senza tradire il giuramento di fedeltà allo Stato e ai suoi valori democratici che sono patrimonio di tutti. Questa è una delle ragioni che ci fa credere nella nostra missione, che ci fa sostenere forti e convinte battaglie a tutela di una polizia democratica e ad ordinamento civile cosi come l’ha disegnò un legislatore illuminato e progressista.
Si tratta di un profilo che va valorizzato e rafforzato. Questo noi chiediamo alla politica con la P maiuscola, quella nobile e alta, quella che ha il senso dello Stato e il rispetto dei grandi valori civili. Certamente alcuni meccanismi dell’apparato di sicurezza sono da rivedere.
Ma questo non basta. Occorrerà attuare un programma di aggiornamento e qualificazione degli operatori anche in relazione alle mutate esigenze sociali, ai nuovi scenari che si profilano di una società multietnica e multireligiosa che abbatte i confini e porta in sé inediti conflitti sociali, come insegna la Francia. E noi sappiamo che la Francia ha spesso anticipato fenomeni e mutamenti che hanno pervaso l’Europa e interessato il nostro Paese.
In merito sarebbe opportuno una collaborazione più stretta delle Amministrazioni comunali nell’ambito di una sicurezza partecipata e condivisa, per cui sarebbe auspicabile la previsione stabile di un tavolo tecnico presieduto e convocato dalle Autorità di Pubblica Sicurezza anche su richiesta di uno o più sindaci, per lo studio e la pianificazione degli interventi regolamentari o comunque di competenza comunale finalizzati alla prevenzione di situazioni di degrado e disagio urbano, che a volte sfociano in condotte criminali che mettono a repentaglio beni giuridici vitali per i cittadini quali la sicurezza individuale e pubblica.
Con riferimento alle Autorità tecniche di Pubblica Sicurezza sia provinciale che locale e dei Dirigenti dei servizi di ordine pubblico, considerata la delicatezza della funzione, cui corrisponde una elevata responsabilità, è certamente opportuno e inderogabile che il Governo attribuisca per legge una adeguata indennità a queste figure.
Al riguardo, riteniamo necessario e opportuno informarLa delle proposte allegate al documento in esame, che invieremo alle Commissioni parlamentari competenti in tema di tutela del personale delle forze di polizia nell’esercizio delle sue funzioni ed altre che saranno trasmesse all’Amministrazione della Pubblica Scurezza.
Convinti che la costruzione e il mantenimento della sicurezza democratica richiedono un approccio metodologico e analitico rigoroso, che consenta di comprendere le dinamiche e le situazioni che possono metterla a rischio. In questo contesto, il rinnovo del contratto per il personale di polizia riveste un'importanza fondamentale. Esso non solo migliora le condizioni di lavoro degli operatori, ma contribuisce anche all'efficienza e alla capacità operativa delle forze di polizia nell'affrontare le sfide dell’ordine e della sicurezza pubblica, pertanto richiediamo la convocazione del tavolo nel più breve tempo possibile:
- l’avvio della negoziazione per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il personale della Polizia di Stato, che come è noto è scaduto nel dicembre del 2021, poiché esso offre l'opportunità di implementare strategie mirate e interventi concreti volti a prevenire e contrastare le criticità e le infiltrazioni criminali sul territorio. Infatti, attraverso una remunerazione equa e condizioni di lavoro adeguate, si promuove il benessere e la motivazione del personale, elementi cruciali per garantire un servizio di qualità che sia orientato alla sicurezza della comunità nazionale, in merito è necessario incrementare i fondi per la specificità;
- l’avvio della negoziazione per il primo contratto sul trattamento accessorio per la dirigenza di polizia. Infatti, nonostante siano trascorsi sette lunghi anni dall'introduzione dell'area negoziale, la dirigenza di polizia è ancora in attesa di un accordo contrattuale che rifletta adeguatamente il valore e l'impegno di questo ruolo all'interno delle forze dei polizia. Nel corso di questi sette anni, il pubblico impiego e il personale degli altri ruoli di polizia hanno già sottoscritto ben due contratti. Questo ha creato un effetto paradossale, in quanto numerose indennità accessorie oggi risultano essere retribuite in misura inferiore per i dirigenti rispetto ad altri ruoli all'interno del comparto Sicurezza e Difesa. Richiediamo altresì l’abrogazione del comma 5 dell’art. 46 del Decreto legislativo n. 95/2017;
- non più rinviabile l’avvio del tavolo per la previdenza dedicata, anche alla luce delle ulteriori misure finanziarie previste dall’ultima Legge di Bilancio.
E’ necessario, parimenti finanziare ulteriormente i capitoli destinati all’assicurazione per la copertura dei rischi concernenti la responsabilità civile verso terzi e la tutela legale per il personale di polizia appartenente a tutti i ruoli.
Inoltre, occorre evidenziare che le forze di Polizia sono continuamente chiamate a rispondere a varie situazioni di emergenza per cui il lavoro straordinario, in un contesto di cronica carenza di personale, consente di mobilitare rapidamente le risorse necessarie per gestirle in modo efficace. Le dinamiche socio-politiche ed economiche in atto negli ultimi mesi, sia in ambito nazionale che globale, hanno inevitabilmente determinato un significativo aggravio dei carichi di lavoro.
Le dinamiche socio-politiche ed economiche in atto negli ultimi mesi, sia in ambito nazionale che globale, hanno inevitabilmente determinato un significativo aggravio di lavoro per tutti gli Uffici di Polizia.
Quelli amministrativi: l’immigrazione ha dovuto gestire l’incremento delle richieste di titoli di soggiorno e l’aggravato carico di lavoro sul fronte dei provvedimenti di espulsione, mentre gli Uffici Passaporti dalla fine della pandemia devono far fronte ad un aumento significativo delle richieste per il rilascio dei passaporti.
Parimenti, gli Uffici operativi hanno intensificato i servizi su strada nell’ambito di una maggiore e più capillare attività di monitoraggio e controllo del territorio e dei siti sensibili.
Inoltre, il rinnovato fermento contestativo nelle piazze, scaturito prevalentemente dall’aggravato contesto geopolitico internazionale, ha determinato il vertiginoso aumento dei servizi di ordine pubblico: si pensi alla numerose iniziative promosse in solidarietà del popolo palestinese, alle mobilitazioni giovanili in ambito scolastico/universitario, al tema della casa e dell’ambiente ed alla guerra in Ucraina.
Perciò è essenziale che vengano incrementati i fondi per il lavoro straordinario affinché possano anche essere soddisfatte le esigenze dello straordinario svolto in esubero al monte ore.
Infine occorre garantire un turn over adeguato è essenziale per diversi motivi:
- in primo luogo consentirebbe l’ingresso di nuove e fresche energie nelle forze di Polizia che contribuirebbero a garantire la motivazione e l’efficacia dell’organizzazione nel suo complesso;
- in secondo luogo può aiutare le Forze di Polizia ad essere più adattabili e resilienti di fronte ai cambiamenti nell’ambiente operativo, compreso quelle derivanti dalle nuove sfide alla sicurezza o dalle nuove evoluzioni tecnologiche;
- in terzo luogo un turn over regolare permette alle Forze di Polizia di modificare la loro composizione sia in termini di background culturale che in termini di esperienze di vita. Ne risulterebbe, così, migliorata la capacità della Polizia di comprendere e servire una vasta gamma di comunità, promuovendo la fiducia e la cooperazione con i cittadini.
In definitiva, garantire il turn over nelle Forze di Polizia è basilare per mantenere un’organizzazione efficiente, dinamica e preparata per affrontare le sfide in continua evoluzione per il mantenimento della sicurezza pubblica.
Last but not least siamo convinti che la (re)istituzione, in entrambi i rami del Parlamento, di un’apposita commissione, come avviene per le diverse questioni delle finanze, della difesa, della giustizia, dell’agricoltura e del lavoro, che si dedichi alla materia e all’elaborazione delle proposte di legge tecnico-normative che più da vicino toccano le forze di polizia ed il loro coordinamento, l’ordine e la sicurezza pubblica e la sicurezza privata, possa essere lo strumento politico-istituzionale migliore per risolvere le varie questioni che via via si manifestano.
ALLEGATO
Proposte di modifiche ordinamentali in tema di tutela del personale delle Forze di Polizia nell’esercizio delle sue funzioni in Ordine Pubblico
- aumento pene edittali resistenza a pubblico ufficiale
Per il reato di Resistenza a Pubblico Ufficiale (art. 337 C.P.), al fine di rafforzarne l’efficacia deterrente, ma anche di assicurare una pena congrua, nonché la possibilità di attuazione di misure cautelari nell’immediatezza dei fatti, appare utile:
1) Aumentare nel minimo la pena edittale prevista per il reato di Resistenza a Pubblico Ufficiale (art. 337 C.P.), passando da 6 mesi a due anni, qualora la violenza sia commessa in danno di un agente o ufficiale di pubblica sicurezza in servizio di controllo del territorio o di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica (pena prevista: reclusione da 2 a 5 anni);
2) In analogia con quanto già previsto per i reati commessi allo stadio in occasione delle partite di calcio, prevedere autonoma ipotesi di reato per il superamento illecito di uno sbarramento predisposto con uomini o mezzi o strutture mobili dall’Autorità di pubblica sicurezza per garantire la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica nel corso di pubbliche manifestazioni.
3) Prevedere per l’art. 337 C.P. ipotesi di aggravanti ad effetto speciale, con pena da 2 a 8 anni di reclusione:
a) nel caso in cui taluno degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza per effetto della violenza riporti lesione personale;
b) nel caso in cui la violenza sia usata per superare uno sbarramento predisposto con uomini o mezzi o strutture mobili dall’Autorità di pubblica sicurezza poste a tutela di beni per garantire la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica nel corso di pubbliche manifestazioni.
4) Inserire le ipotesi di cui al punto 2) tra quelle disciplinate nel 2° comma dell’art. 380 C.P. per le quali è obbligatorio l’arresto in flagranza;
5) Prevedere per le ipotesi di cui alla lettera b) del punto 3) la possibilità dell’arresto fuori flagranza, nelle 48 ore successive.
Commento:
La pena edittale per il reato di Resistenza a Pubblico Ufficiale attualmente appare inadeguata nel minimo allorquando si tratti di reato commesso in danno di ufficiale o agente di pubblica sicurezza. Peraltro spesso accade che questi reati siano commessi da persone incensurate o con lievi precedenti, per cui la pena effettivamente inflitta è quasi sempre quella minima o inferiore per effetto delle attenuanti generiche.
Anche ai fini della deterrenza nonché di “risposta” alla giusta indignazione dell’opinione pubblica è spesso sommamente opportuna una misura precautelare immediata, che tuttavia allo stato attuale della normativa è difficilmente praticabile. La pena attualmente prevista per il reato, ai sensi dell’art. 381 c.p.p., consente l’arresto facoltativo in flagranza, ma l’interpretazione solitamente “restrittiva” da parte delle Procure dei criteri per l’esercizio della facoltà di arresto, peraltro oggettivamente generici, previsti dal quarto comma dell’art. 381 c.p.p., fa sì che l’arresto si esegue solo in ipotesi di estrema gravità.
L’arresto in differita è una possibilità già prevista in altri casi e potrebbe risultare molto utile per questa tipologia di reati commessi nel corso di pubbliche manifestazioni, allorquando è spesso impossibile o inopportuno arrestare nell’immediatezza dei fatti.
- Introduzione misure di prevenzione a tutela dell’Ordine Pubblico. Modifiche al D.L. n°14 del 20 febbraio 2017 convertito in legge con modificazioni dalla legge 18 aprile 2017 n°48
Introduzione degli art. 13 ter (comunicazione dei provvedimenti) e 13 quater (divieto di partecipazione alle manifestazioni per soggetti pericolosi)
Come è noto il D.L. n. 14/2017 contempla due ulteriori misure di prevenzione, volte alla tutela della sicurezza di determinati luoghi, e in particolare locali pubblici o aperti al pubblico, ed esercizi pubblici. Esse sono disciplinate, rispettivamente dagli artt. 13 - rubricato "ulteriori misure dì contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti all'interno o in prossimità di locali pubblici o aperti al pubblico ed pubblici esercizi" - e 13-bis, rubricato "Disposizioni per la prevenzione di disordini negli esercizi pubblici e nei locali di pubblico trattenimento". Tali misure di prevenzione sono state oggetto di incisive modifiche ad opera del Decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 173. Come noto, le novità normative sono intervenute a seguito di un tragico episodio di c.d. "movida violenta", che ha destato particolare allarme nell'opinione pubblica. Il riferimento è all'omicidio del ventunenne Willy Monteiro Duarte, avvenuto a Colleferro (RM). Al decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 13: 1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Nei confronti delle persone che abbiano riportato una o più denunzie o siano state condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi tre anni per la vendita o la cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui all'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, per fatti commessi all'interno o nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, locali pubblici o aperti al pubblico, ovvero in uno dei pubblici esercizi di cui all'articolo 5 della legge 25 agosto 1991, n. 287, il Questore, valutati gli elementi derivanti dai provvedimenti dell'Autorità giudiziaria e sulla base degli accertamenti di polizia, può disporre, per ragioni di sicurezza, il divieto di accesso agli stessi locali o a esercizi analoghi, specificamente indicati, ovvero di stazionamento nelle immediate vicinanze degli stessi.» La soglia di efficacia del divieto in argomento risulta, così, notevolmente anticipata, essendo venuto meno il requisito - alternativo - del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, ovvero della conferma, in grado di appello, della condanna di primo grado del destinatario, previsto dalla precedente formulazione della norma. Conseguentemente, l'Autorità di P.S. può applicare il divieto, per ragioni di sicurezza, "valutati gli elementi derivanti dai provvedimenti dell'Autorità giudiziaria e sulla base degli accertamenti di polizia".
Per quanto sopra esposto, a completamento della disciplina si propone l’introduzione dell’art 13 ter il quale prevede “Il Questore comunica agli esercenti i pubblici esercizi e di pubblico trattenimento, nonché ai rettori delle università e ai dirigenti scolastici l’adozione dei provvedimenti di cui agli art. 13 e 13bis della presente legge, ancorché non notificati ai soggetti nei cui confronti i medesimi sono stati adottati”.
Viene introdotto l’art 13 quater il quale prevede che: “Il Questore può disporre il divieto di partecipare a manifestazioni pubbliche specificatamente individuate a soggetti che, in ragione della loro condotta e sulla base di elementi di fatto, possa ritenersi che intendano prendere parte alla pubblica manifestazione al fine di creare disordini e/o turbative per l’ordine e la sicurezza pubblica. In ogni caso, la misura disposta dal Questore ai sensi del comma 1 ricomprende anche il divieto di stazionamento nelle immediate vicinanze dei luoghi interessati dalla manifestazione per la quale è disposto il divieto stesso.
Nei casi di cui al comma 1, il Questore può prescrivere alla persona già condannata per qualsiasi reato commesso in occasione o a causa di una manifestazione, o che stata comunque sanzionata per la violazione di quanto previsto dall’art. 18 TULPS, ovvero in precedenza abbia violato il divieto previsto dal presente articolo o sia già stata destinataria di un provvedimento di cui agli artt. 13, 13 bis della medesima legge o di un daspo previsto dalla legge n°401/89, ancorché emanati da una diversa Autorità Provinciale di Pubblica Sicurezza, di comparire personalmente una o più volte, negli orari indicati, nell’Ufficio o comando di Polizia competente in relazione al luogo di residenza dell’obbligato o in quello specificatamente indicato.
In relazione al provvedimento di cui al comma 1 si applicano in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 6, commi 3 e 4, della legge 13 dicembre 1989 n. 401.
La violazione del divieto e delle prescrizioni di cui al presente articolo è punita con la reclusione da 1 a 3 anni e con la multa da 10.000 a 24.000 euro.
- Estensione della responsabilità civile a carico degli organizzatori di manifestazioni pubbliche
All’art. 2050 del codice civile viene inserito il II co. “ai sensi dell’art 2050 e 2043 c.c., gli organizzatori della manifestazione, anche se non preavvisata ex art. 18 TULPS, rispondono per i danni cagionati dai manifestanti in violazione delle norme previste in materia di ordine pubblico o in contrasto con gli ordini impartiti dall’autorità di PS nella gestione della manifestazione.
- Recupero somme da sentenze in sede contabile
Si ritiene di proporre l’introduzione di un meccanismo che affidi alla valutazione discrezionale del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, l’avvio dell’azione di recupero delle somme corrisposte agli aventi diritto, in forza di sentenze esecutive di condanna in sede contabile emesse nei confronti di appartenenti, per fatti occorsi durante manifestazioni sportive o di diversa natura ovvero in occasioni di operazioni di polizia, di prevenzione o giudiziarie, connotate da particolari difficoltà operative.
Proposte di natura operativa e tecnica
- Controllo del territorio - UPGSP - vigilanze generiche radiocollegate -
un problema serio
Come è noto le vigilanze generiche radiocollegate cd. VGR, disposte con direttive del Dipartimento della P.S. o a seguito di riunioni interforze di coordinamento presiedute dai Prefetti, gravano sulle Questure e segnatamente sul personale delle squadre volanti degli UPGSP e dei Commissariati distaccati e sezionali.
Esse si attivano per i più disparati motivi: conflitti bellici in atto (rappresentanze diplomatiche, siti istituzionali rappresentativi degli stati coinvolti nei conflitti, complessi industriali, commerciali ecc..), sedi istituzionali, luoghi di culto, abitazioni di persone minacciate, sedi politiche, sindacali, culturali, personalità pubbliche a rischio aggressioni e così via.
L'elenco di tali vigilanze allegato al foglio di servizio di un equipaggio della Squadra Volante comprende un numero elevatissimo di siti e obiettivi da sorvegliare o vigilare. L'elenco si presenta per ogni quadrante orario a rotazione con personale dell'Arma dei CC secondo la zona indicata dove si trova l'obiettivo sensibile in ossequio al piano coordinato provinciale di controllo del territorio.
La vigilanza di questi obiettivi si aggiunge alle funzioni istituzionali tipiche di ogni UPGSP: istituire posti di controllo, identificare persone, controllare veicoli, controllare persone sottoposte a misure giudiziarie da espiare presso la propria abitazione, assicurare interventi su chiamata 113, denunciare o arrestare persone in flagranza di arrestare e vieppiù stare in ufficio tutta la durata di un turno quando si identifica un cittadino extracomunitario irregolare su territorio nazionale.
In presenza di carenze organiche e pochi mezzi, risulta davvero complicato poter controllare quanto si è esposto. Inoltre, il modulo operativo delle pattuglie automontate, con equipaggio composto da due poliziotti o due carabinieri nel caso delle “gazzelle”, l’esperienza dimostra che non è più adeguato, sia per la sicurezza del personale che per l’efficienza degli interventi richiesti. Ciò premesso, si chiede che detti moduli operativi vengano rivisitati con equipaggi da tre uomini, da impiegare nelle aree periferiche delle grandi città, o nelle periferie urbane e cittadine più isolate o ad elevato rischio per la presenza della criminalità organizzata o diffusa, cosi come nelle aree ove viene segnalata la presenza massiva di immigrati irregolari e/o accampamenti abusivi. Così per i servizi di scorta a beni di grande valore economico svolti in autostrada dalla polizia stradale, le cui pattuglie sono composte da due uomini.
- Proposta: Istituzione per ogni Questura di un dispositivo UOPI inizialmente con turnazione 7/13 e 13/ 19
Le UOPI, come è noto, concorrono al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica, anche al fine di prevenire azioni violente o di matrice terroristica; concorrono ai dispositivi di prevenzione generale attuati dalle Questure attraverso attività di vigilanza dinamica o di stazionamento a protezione di obiettivi a particolare rischio minaccia terroristica; gestiscono eventi di criminalità, ancorché non riferibili a contesti terroristici, ove sia gravemente compromessa la sicurezza delle persone o di altri operatori delle Forze di Polizia impegnati nei diversi teatri operativi.
Tale innesto di UOPI Provinciali cui verrebbero affidati compiti di vigilanza generica radiocollegata di tutti gli obiettivi sensibili, almeno per il capoluogo di provincia, affrancherebbe gli UPGSP da tali dinamiche, potendosi dedicare esclusivamente alle funzioni ascrivibili solo alla prevenzione generale e controllo del territorio. Rendendo questi ultimi compiti, che sono decisivi per l'ottimale tenuta dell’ordine e sicurezza pubblica, più efficaci e sicuramente esplicati in modalità dedicata ed esclusiva.
- Scuola di Ordine Pubblico
Riteniamo necessario intensificare la formazione presso l’omonima Scuola di Nettuno:
- per Funzionari e Dirigenti al fine di aumentare la loro professionalità nell’utilizzo delle risorse umane e dei mezzi a disposizione con l’obiettivo di un’operatività standardizzata e qualificata;
- analoghi corsi di formazione per i Capi Squadra dei reparti mobili;
- corsi differenziati per il personale dei reparti mobili;
- corsi per incrementare il numero degli istruttori di tecniche operative presso i reparti mobili, per cui sarà utile che tale qualifica coincida con quella di Capo Squadra.
- Materiali e tecniche di O.P.
- Impiego dello spray balistico al peperoncino, già sperimentato in passato.
- Introduzione di una distanza di sicurezza-zona cuscinetto: eviterebbe il contatto prolungato tra i manifestanti e gli schieramenti che spesso inevitabilmente degenera. Si potrebbe ottenere tracciando una linea colorata a terra oppure impiegando transenne di diversa concezione da quelle attuali.
- Utilizzo delle radioline già sperimentate che consentano a tutti i componenti della squadra di ascoltare/comunicare fra di loro.
- Come già accade in altri Paesi, potrebbe essere utile ai fini di una successiva identificazione la colorazione con apposita vernice dei manifestanti violenti.
- Maggiore disponibilità di Body Cam come già ampiamente sperimentato.
Infine l’abbassamento dell’età media del personale da assegnare ai Reparti Mobili: garantirebbe una maggiore performance fisica degli operatori e un più agevole utilizzo degli stessi anche nelle aggregazioni di medio-lungo periodo che comportino l’assenza da casa.
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