Spett.le L’Eco di Bergamo
Gentilissimo Direttore,
qual è lo scopo dell’urlo di ieri? Lo abbiamo letto e riletto e non l’abbiamo capito. Forse offrire ai distratti lettori agostani un argomento “neutro” di cui discutere sotto l’ombrellone? Di certo non era un contributo alla comprensione dei problemi che affliggono il Paese. Perché più che una serie di luoghi comuni sui dipendenti pubblici non abbiamo letto.
Chiedere di eliminare gli sprechi, pretendere efficienza da parte della pubblica amministrazione, aumentare la produttività dei dipendenti pubblici, son cose giuste e sacrosante. I primi che lo vogliono sono proprio i lavoratori del settore pubblico perché in primo luogo sono anch’essi cittadini che subiscono come gli altri tutto ciò che non funziona in Italia e poi perché le condizioni di lavoro nel pubblico impiego - organizzazione, strumenti, valutazione dei meriti e management inadeguati - sono costretti a viverli in prima persona come lavoratori. E non sono contenti di lavorare in questo modo.
Ma, a parte che sulla questione che i dipendenti privati sono “tartassati all’infinito” mentre i pubblici mai ci sarebbe da discutere - per esempio, quando l’economia va bene, quelli privati possono contare sulla de-tassazione degli straordinari (o magari farseli pagare in “nero”), avere legalmente seconde attività che ai pubblici sono vietate, ecc... - Ella, gentilissimo Direttore, perlomeno dimentica che quelli pubblici sono i più “tartassati” dai luoghi comuni che li rappresentano tutti, anche quelli che non lo sono, come infingardi e incapaci se non anche disonesti.
L'amara verità, invece, è che i "tagli" si concentrano sempre sui più deboli: le "pensioni d'oro" non si possono toccare; il "contributo di solidarietà" dei dirigenti è stato cancellato perché viola il principio costituzionale di uguaglianza; il "tetto agli stipendi" dei grandi manager pubblici è stato rinviato; i “grandi” manager privati si attribuiscono magnifiche stock-option anche durante la recessione; i politici non si "taglieranno” mai gli emolumenti; gli enti pubblici continuano a commissionare consulenze inutili agli amici degli amici; ecc... Gentilissimo Direttore, a noi sarebbe venuto su queste cose “l’antipatico sospetto di essere in presenza di due Italie” altro che accanirsi su persone che nella maggior parte dei casi hanno stipendi da fame.
E dalla regola di colpire chi non può reagire nemmeno Lei sfugge. Infatti ha ricordato solo che i sindacati del pubblico impiego manifesteranno contro il blocco contrattuale per il 2014 senza dire che esso si aggiunge ad uguale trattamento per il triennio 2011-2013 e ai contratti non rinnovati in precedenza (il comparto sicurezza-difesa ha perso anche il 2010). Senza dire che oltre al blocco dei contratti c’è stato anche quello di tutti gli aumenti stipendiali previsti per anzianità, promozioni, scatti, concorsi, ecc... Senza ricordare che la riduzione di personale - passato da 3.627.139 unità del 2006 a 3.396.810 del 2011 - è in corso da alcuni anni grazie al cosiddetto “blocco del turn-over” e che questo crea grossi problemi a tante amministrazioni e non solo un risparmio di spesa sul totale delle retribuzioni (-1,6 % nel 2011 e -2,3 % nel 2012).
La crisi ha colpito quasi tutti, dipendenti pubblici compresi, ma chi vive in condizioni agiate non è abituato a fare i sacrifici e quindi non li vuole fare. Per gli altri nessuna solidarietà: basta distrarli e offrirgli in pasto qualche altro poveraccio come loro, solo più “brutto” perché lavorando nella pubblica amministrazione si dice sia un privilegiato che non viene mai tartassato.
Ringrazio per l’ospitalità.
Gianluca Brembilla
Segretario Generale Provinciale
P.S.: nel suo articolo c’è anche una grave imprecisione che Le chiediamo di correggere: i militari e le forze dell’ordine non possono minacciare alcuno sciopero perché non lo possono fare per legge.