EDITORIALE del Segretario Generale Tiani
La democrazia si è ammalata
Roma, 21 giugno 2012 -La crisi non ha mostrato solo i grandi limiti del capitalismo e del mercato globale, ma soprattutto quelli della politica, non in grado di arginare lo strapotere dei nuovi processi finanziari, individualisti ed egoisti, veri padroni del mondo. I movimenti spontanei di cittadini contestano la distanza creatasi tra il sistema istituzionale, politico ed economico e la realtà della vita quotidiana, in tale contesto il modello della democrazia rappresentativa ha mostrato evidenti crepe, si è resa vulnerabile e l’uomo comune del movimento a cinque stelle l’ha dimostrato nell’ultima tornata elettorale.
La protesta degli indignados spagnoli quella d’oltre oceano e del popolo greco, contro il potere finanziario e politico, è così sentita e profonda da coinvolgere grandi masse di popolazioni, convinte che possano far nascere nuove forme di partecipazione democratica. La Grecia vive la sua crisi a causa di uno stato inefficiente, clientelare e indebitato, dall’altra parte del mondo gli Stati Uniti d’America con la loro idea di liberismo sfrenato fatto di poche regole e giochi di borsa, appannaggio esclusivo della grande finanza e delle banche che hanno originato la crisi, non riescono più a proporre salutari idee per la crescita.
L’illusione della ricchezza prodotta dalle borse è stata capace di “narcotizzare” le coscienze oltre che il mercato, confinando in un angolo il ciclo naturale della produzione di beni e servizi, privando di valore il lavoro di chi li produce, concausa della rottura dell’equilibrio del sistema economico politico occidentale, portandolo al collasso. L’Europa e gli Stati Uniti d’America culle della democrazia e dell’economia di mercato devono riconoscere di aver fallito, tutto è rimesso in discussione, il mondo sta cambiando velocemente. La democrazia rappresentativa italiana ha mostrato i suoi limiti, sia rispetto alle politiche di governo adottate che all’organizzazione dello Stato, il populismo demagogico e l’ingovernabilità di questi ultimi anni ha contribuito ad accelerare un lento decadente processo già in atto. Nonostante tutto, il nostro sistema di governo dal dopoguerra a oggi ha tenuto. Almeno nella nostra comunità politica, la Repubblica parlamentare ha trionfato sulle dittature e la demagogia, anche se su di essa continuano a incombere minacce populiste, accompagnate da azioni separatiste e nazionaliste, che confliggono con la politica europea. Va detto, che i sistemi dei governi occidentali e l’economia di mercato nonostante i limiti mostrati, hanno realizzato società aperte e Stati rispettosi delle libertà dei cittadini.
Allora perché in molti invocano la democrazia diretta, alternativa per il governo di una società complessa come la nostra? Forse perché la crisi ha colpito con una tale forza il sistema politico economico da mostrarne spietatamente l'incapacità, superficialità e in alcuni casi incompetenza di molti gruppi dirigenti nel governare le politiche finanziarie, industriali e del lavoro, di conseguenza il nostro sistema democratico si è irrigidito proprio nel suo punto centrale, la legittimità politica di chi governa, dei partiti e del sistema parlamentare. La crisi del sistema politico italiano è ormai sotto gli occhi di tutti, con la sua incapacità e resistenza nel rinnovarsi, altrettanto evidente la sottomissione del potere politico ai gruppi d’interesse, che governano l’economia e le banche centrali, la debolezza del sistema politico ha scoper-to il fianco della nostra economia agli attacchi frequenti degli speculatori.
Dopo il crollo delle ideologie, conseguenza dello sgretolamento del muro di Berlino, la politica è in difficoltà nel cercare un nuovo equilibrio, occorre fare i conti con il nuovo ordine mondiale e una questione morale che dai tempi di tangentopoli è tema quotidianamente all’ordine del giorno. La nostra democrazia è affetta da una crisi endemica, si è ammalata. Se il sistema dei partiti non riuscirà a rinnovarsi, la crisi della rappresentanza politica consegnerà definitivamente ai padroni dei mercati il destino della vita dei cittadini, e certamente, non guarderanno all’interesse generale, ma solo al proprio profitto.