...
Secondo i tecnici del Senato, infatti, l’inasprimento dei minimi per andare in pensione potrebbe ridurre comunque la platea dei medici che avranno diritto a farlo il prossimo anno, determinando un minore costo a carico del sistema previdenziale, pari soltanto a 12 milioni. Un bell’assist per il governo, deciso a cancellare la norma che riduce gli assegni del personale sanitario rischiando di spingere 19 mila lavoratori a chiedere già quest’anno il pensionamento, per evitare la tagliola. Attualmente l’architettura della nuova Quota 103 prevede che si potrà andare in pensione nel 2024 con 63 anni di età e 41 di contributi, alla stretta sull’età si aggiunge però un taglio sull’importo. Uscendo con 63 anni, quattro anni prima dell’età di vecchiaia, si avrà una riduzione di circa il 4% sull’importo complessivo. Si avrà, infatti, una riduzione sulla quota retributiva (circa un terzo del totale in media), basata sul rapporto tra il coefficiente di trasformazione per l’età di uscita e quello dell’età di vecchiaia, di circa il 12% nel caso di quattro anni di anticipo. Nel caso di una pensione da 2.500 lordi al mese si perderebbero circa 100 euro. Si allungano inoltre le finestre per l’uscita: da tre a sei mesi per il privato e da sei a nove mesi per il pubblico. Potranno uscire i nati nel 1961 che hanno cominciato a lavorare almeno nel 1983 senza buchi contributivi.
La partita è delicata Non c’è solo da arginare la rabbia dei medici, che non arretrano sullo sciopero. C’è anche da valutare se sussista un profilo di incostituzionalità. In questo momento l’ipotesi più probabile è la sospensione del taglio per il prossimo anno, in attesa di preparare uno schema di riforma meno drastico dal 2025. Una delle ipotesi potrebbe essere circoscrivere l’intervento a chi va in pensione in anticipo, tutelando le pensioni di vecchiaia. Occorre ricordare che la partita non riguarda solo i medici. La disciplina contenuta all’articolo 33 della legge di bilancio interessa le pensioni di 31.500 dipendenti pubblici e garantisce allo Stato risparmi netti per 2,7 miliardi tra il 2024 e il 2032. Con il testo attuale si andrebbero di fatto a ridurre le aliquote di rendimento dei contributi versati prima del 1996, colpendo quasi il 50% del personale attualmente in servizio, con una perdita stimabile tra il 5% e il 25% dell’assegno pensionistico annuale, da moltiplicare per l’aspettativa di vita media. Tra le ipotesi in campo per recuperare fondi ed evitare la dieta nei confronti dei medici e del pubblico impiego c’è una nuova stretta sulla rivalutazione delle pensioni.
Lo schema della legge di Bilancio ha già modificato le fasce per il recupero dell’inflazione con una perequazione al 90% per quella tra quattro e cinque volte il minimo, invece dell’85% previsto per il 2023. Scende al 22% (dal 32% previsto per quest’anno) la rivalutazione per gli assegni superiori a 10 volte il minimo. Resta al 100% la rivalutazione rispetto all’inflazione per gli assegni fino a quattro volte il minimo (fino a 2.254 euro lordi). Ebbene, l’esecutivo Meloni potrebbe operare un ulteriore giro di vite nei confronti dei trattamenti sopra i 50 mila euro.” Fonte PAMagazine
Roma, 20 Novembre 2023
= LEGGI E SCARICA L'ALLEGATO =