In primo luogo il Siap ritiene che il signor Sperandeo ha fatto ciò che dovrebbe fare ogni buon cittadino: denunciare nelle forme consentite dalla democrazia tutti quei fatti che appaiono come violazioni dei diritti umani. Bene ha fatto a documentare con una fotografia ciò che aveva visto con i suoi occhi: senza prove avrebbe potuto essere accusato di calunniare degli agenti di polizia. E bene ha fatto a protestare, civilmente, con i poliziotti che, a suo giudizio, agivano in modo inumano nei confronti di due uomini. Due esseri umani che in fondo erano solo oggetto dell’esecuzione di un atto amministrativo qual è il respingimento alla frontiera.
Già, perché da un punto di vista legale le espulsioni e i respingimenti sono un mero atto amministrativo contro il quale è possibile il ricorso all’Autorità preposta per legge. E per la loro esecuzione esistono protocolli operativi che devono essere osservati al fine di rispettare la dignità e l’integrità fisica di chi li subisce e la sicurezza dei passeggeri che viaggiano sul medesimo mezzo di trasporto. Cosa significhi tutto ciò nella pratica lo sanno bene i poliziotti che sono chiamati a svolgere queste scorte: servizi massacranti e mal pagate, alto rischio di contrarre infezioni e, come ringraziamento, pure la gogna mediatica.
Troppi, infatti, in questi giorni i commenti che hanno espresso condanna dell’operato dei poliziotti. Condanna senza contraddittorio per i servitori dello Stato. Senza nemmeno affrontare il problema da punto di vista analitico o almeno statistico: quanti sono i rimpatri con la scorta? quanti quelli senza? quanti i respingimenti dove è necessario esercitare un certo grado di coercizione? quanti i casi accertati di abusi? quali sono i protocolli operativi? altri Paesi adottano metodologie migliori? i poliziotti italiano dispongono degli strumenti adatti? Nulla di tutto ciò è stato detto perché è più facile condannare che cercare di capire. Troppo facile denunciare da dietro una scrivania senza esporsi in prima persona come ha fatto il Signor Sperandeo. Difficile capire, però, cosa significhi trasportare una persona che non vuole essere rimpatriata, senza esercitare della forza. Forza che in un aereo che deve raggiungere uno Stato estero non può che essere esercitata senza alcun genere di arma sia per motivi di sicurezza legati al mezzo di trasporto sia per lo status giuridico di chi effettua la scorta quando raggiunge un altro Stato sovrano.
Chi denuncia il metodo adottato per il rimpatrio dei respinti/espulsi sa che i protocolli operativi ammettono l’uso di fascette per la contenzione che sono studiate per non procurare lesioni a polsi e caviglie? Chi s’indigna è a conoscenza delle strategie di resistenza adottate da queste persone? oppure ritiene che i poliziotti in ragione del loro lavoro debbano subire morsi o graffi da persone che sono affette da patologie infettive? Secondo chi lamenta presunte violazioni dei diritti umani esistono metodi più efficaci per impedire a qualcuno di porre in essere azioni di resistenza di questo genere? oppure lo Stato dovrebbe rinunciare ad esercitare la propria sovranità e ammettere sul proprio territorio chiunque riesca a raggiungerlo in qualsiasi modo?
Perché in fondo da cosa scaturisce tutta questa polemica? Dall’uso di una banalissima mascherina che, affinché il suo effetto non fosse immediatamente vanificato, è stata applicata con un po’ di nastro adesivo. Certo se lo Stato avesse più mezzi a disposizione potrebbe fornire dispositivi più adatti di quanto i poliziotti non sono costretti ad inventarsi non certo per offendere la dignità delle persone che devono rimpatriare ma per rendere possibile un servizio cui sono comandati per dovere, non certo per piacere o, peggio, per dare libero sfogo al loro presunto disprezzo nei confronti di altri esseri umani.
L’esercizio della potestà di respingere/espellere cittadini stranieri è propria di ogni Stato a tutela della collettività. Collettività di cui fanno parte anche il Signor Sperandeo e tutti quei commentatori cui sta più a cuore denigrare l’onesto lavoro di uomini e donne come i poliziotti che l’integrità morale e fisica di quei disgraziati che corrono rischi indicibili per attraversare mari e deserti allo scopo di raggiungere l’Europa. Ma almeno il Signor Sperandeo, da cittadino qualunque, animato da buone intenzioni, ha potuto mettere sotto i riflettori un aspetto poco noto dell’immigrazione clandestina. Mentre i giornalisti (o commentatori) avevano l’obbligo morale e deontologico di approfondire una notizia non di specularci sopra, si può supporre, per motivazioni ideologiche. Così come occorrerebbe che i politici s’interessassero di più delle condizioni di lavoro dei poliziotti piuttosto che chiedere spiegazioni al Capo della Polizia di un qualcosa che è lampante già di per sé. Salvo che la loro richiesta sia stata avanzata allo scopo di capire perché anche qualche disgraziato, per giunta straniero, abbia avuto il privilegio che credevano loro esclusivo: viaggiare con la scorta di poliziotti pagata dallo Stato.