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C’è da dire che oltre al problema dell’età media degli operatori della sicurezza, che supera i 50 anni, non è affatto secondaria la cronica carenza di organico negli uffici di polizia del Paese. Ciò premesso, ai colleghi che andranno in pensione in questi mesi, a seguito delle riforme previdenziali degli ultimi anni a partire dagli anni ‘90 in poi, sarà applicato il cd sistema “misto” (contributivo – retributivo) mentre per le generazioni assunte dal 1° gennaio 1996 sarà applicato il più penalizzante sistema contributivo pro-rata.
Pertanto, il mancato avvio delle procedure di concertazione con il sindacato per la costituzione di un fondo pensioni della Polizia o di comparto, necessario per l’avvio della previdenza complementare, contribuisce a rendere la pensione sempre più “leggera”, non solo per coloro immessi in servizio dopo il 1995 ma anche per tutti quelli che in quell’anno avevano pochissimi anni di servizio. Il problema della previdenza non è di poco conto, così come non lo sono tutte quelle questioni attinenti la qualità della vita dei poliziotti/lavoratori compresa la loro “vita professionale”. Infatti, a tutti i dipendenti dei comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico, si applica il regime del Tfs (trattamento di fine servizio) sino a che non saranno riformate le norme di legge che consentiranno il passaggio e la possibilità di trasformazione da Tfs a Tfr. Tale possibilità è stata definita dal DPCM del 20 dicembre 1999, che ha recepito l'accordo sottoscritto tra Aran e sindacati nel luglio del 1999, attinente esclusivamente al personale contrattualizzato.
Considerato dunque il quadro normativo delle regole vigenti, ad un dipendente dei comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico non è concessa la facoltà di optare per la trasformazione del Tfs in Tfr, qualora avesse l’esigenza di aderire ad una forma pensionistica complementare, poiché detta facoltà non è stata introdotta dalle procedure concertative e negoziali di cui al decreto legislativo n.195 del 1995. Di fatto, i poliziotti non possono aderire ad una forma pensionistica complementare su base collettiva, considerato che dopo 21 anni non è ancora istituita.
Resta la possibilità per il personale di detti comparti, di aderire ad una qualsiasi forma pensionistica individuale, come disciplinato dal decreto legislativo n.124 del 1993, con contribuzione a carico del lavoratore e senza la contribuzione del datore di lavoro, prevista solo per le forme collettive non ancora costituite. Ancora oggi i poliziotti non possono disporre del proprio Tfr, in assenza delle regole che disciplinano quel passaggio già evidenziato da Tfs a Tfr.
Al fine di rappresentare e tutelare i diritti inalienabili degli operatori dei corpi dello Stato, sia nel medio che nel lungo periodo, il nostro sindacato ha già posto in essere una serie di iniziative che saranno sostenute nell’ambito di pertinenza, affinché la vertenza previdenza complementare sia affrontata e risolta.
Giuseppe Tiani
Roma, 2 febbraio 2017
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