Dopo anni di attesa, il Consiglio dei Ministri, in attuazione della legge delega “Madia”, ha approvato il decreto legislativo relativo al riordino delle carriere del personale del Comparto Sicurezza.
Un riordino che arriva quando nessuno ci avrebbe scommesso.
A 4 anni dal governo presieduto da Monti, che con l’obiettivo di salvare il Paese dal default, attuò una politica di rigore e tagli sulla spesa pubblica.
Quello fu l’anno in cui il governo Monti, dopo la politica dei tagli lineari, il blocco del turn over, il blocco delle retribuzioni e dei contratti del governo Berlusconi, sotto la spinta della Commissione Europea preannunciò misure sul taglio delle retribuzioni del pubblico impiego sino al 20% compresa la possibilità di tagliare la 13^ mensilità per i dipendenti pubblici, ulteriori tagli lineari alla spesa in nome della spending review; previsione dell’eliminazione di tutti gli istituti che garantiscono la nostra specificità compresa quella previdenziale quali, ad esempio, i 6 scatti sulla buona uscita e sulla pensione, l’aumento di un anno ogni 5 di servizio effettuati, eliminazione della pensione
privilegiata ecc.. ecc..
Scongiurammo come cartello il pericolo, con azioni di lotta sindacale e riuscimmo subito dopo a sbloccare il tetto salariale dal 1 gennaio 2015.
Questo il contesto nel quale il SIAP e i sindacati più responsabili, anche se in un momento di grave crisi, hanno compreso proprio nel 2015 dopo essere riusciti ad ottenere lo sblocco del tetto salariale (cioè fruibilità dell’assegno di funzione, scatti e parametri superiori) che ci poteva essere un’opportunità e abbiamo lavorato per ottenere il finanziamento migliore possibile per il nostro riordino, mentre altri giocavano a fare il pinochietto monello 2.0 essendo un po' asinello.
Il riordino era necessario per cercare di sanare alcune sperequazioni e disallineamenti esi- stenti all’interno del Comparto Sicurezza, indispensabile per cercare di recuperare il grave gap economico determinatosi per effetto del blocco del tetto salariale e soprattutto dei rinnovi del contratto di lavoro.
Un riordino la cui esigenza è stata avvertita sul tavolo contrattuale già nel 1999 quando, nel definire le intese contrattuali, emerse che, pur avendo lo stesso numero di personale in organico con l’Arma dei Carabinieri e avendo gli stessi meccanismi di progressione di carriera, la loro retribuzione media era più alta della nostra.
In quella sede, nell’analizzare attentamente tutti i settori dei vari ruoli e qualifiche, scoprim- mo che l’Arma dei Carabinieri aveva una maggiore concentrazione di qualifiche medio alte rispetto alla Polizia di Stato e che questa “anomalia” era la ragione dei disallineamenti che registravamo e quindi la differenza della retribuzione media era sempre a loro vantaggio.
Sottoscrivemmo così il patto per la sicurezza, tra il Governo dell’epoca e le organizzazioni sindacali, il Vice Ministro dell’Interno dell’epoca era l’On. Marco Minniti, oggi come noto è il Ministro dell’Interno in carica, un file rouge non affatto casuale.
Quello stesso governo a seguito dell’intesa stanziò una prima trance di risorse, pari a circa 148 milioni di euro, proprio per avviare il processo di alimentazione delle risorse che dovevano finanziare il riordino delle carriere, e poter nel contempo procedere all’equiordinazione come stabilito dal decreto legislativo 195/95, legge istitutiva del Comparto Sicurezza come autonoma area negoziale, sia per i rinnovi dei contratti di lavoro che per la previdenza. Quindi il riordino delle carriere aveva sin dalla prima ora l’obiettivo di eliminare i disallineamenti registrati dal SIAP e da altre OO.SS. aderenti al cartello, cercare di sanare le sperequazioni creatisi con il riordino del 1995 (decreto legislati- vo 197/95 in attuazione della delega data con la legge 216/92) e ridisegnare un nuovo modello del nostro ordinamento che accogliesse le aspettative dei poliziotti per la progressione di carriera, valorizzando l’aspetto meritocratico e della professionalità acquisita attraverso il servizio svolto.
Dal primo finanziamento dei 148 milioni di euro, al fine di sanare la sperequazione che si era creata in danno dei sovrintendenti della Polizia di Stato già ex sottufficiali del Corpo delle Guardie di P.S., fu attinta una tranche per fare la medesima operazione che le forze armate avevano fatto con il riallineamento dei marescialli e che portò, come conseguenza nella Polizia di Stato, all’inquadramento di quei sovrintendenti già sottufficiali alla qualifica di ispettore capo del ruolo ad esaurimento e successivamente a quella di Ispettore Superiore.
Le risorse così si attestarono a 119 milioni di euro strutturali, somma assolutamente insufficiente per procedere ad un riordino delle carriere che potesse soddisfare le esigenze di riallinea- mento con le altre forze di polizia, e l’eliminazione delle sperequazioni, ma soprattutto disegnare un nuovo percorso di carriera che desse sfogo alle aspettative dei poliziotti in servizio e di quelli che sarebbero arrivati in futuro, anche attraverso la previsione dell’accesso in Polizia con diploma di scuola secondaria e di conseguenza con nuovi parametri stipendiali. Quella delega sostenuta da chi, oggi, grida demagogicamente e populisticamente contro il riordino, cioè il verde tribuno meglio noto come pinocchio 2.0 è l’esponente dello stesso sindacato che voleva fare il riordino con risorse insufficienti. Che le risorse non fossero sufficienti, ne abbiamo avuto prova nelle prime bozze di riordino che l’Amministrazione ha proposto al sindacato lo scorso anno la cui architettura era disegnata utilizzando esclusivamente i 119 ml di €. Infatti la prima ipotesi, prevedeva l’attribuzione di un emolumento alle qualifiche apicali che si concretizzava in pochissimi centesimi agli assistenti capo, ai sovrintendenti capo e circa 1 euro o poco più agli ispettori superiori, nient’altro si poteva finanziare con quella somma, caro il nostro pinochietto. E non era possibile eliminare alcun disallineamento, poi nessuna possibilità di ridurre la carriera e la permanenza nelle qualifiche, per raggiungere il prima possibile la maggiore retribuzione e per più tempo possibile, irrobustendo così anche la parte del gettito utile alla pensione. Come noto dopo la riforma del sistema previdenziale del 1995, per noi il decreto legislativo 165/97 che, chiudeva il ciclo dell’intervento penalizzante in materia previdenziale, già operato con il D.Lgs. del 1994, n. 724, che aveva portato il rendimento annuo che scaturisce dall’accantonamento utile per la pensione dal 3,60% al 2%, avendo la riforma Dini introdotto il sistema contributivo in luogo di quello retributivo.
Ciò premesso, quelli che con stupore in questi giorni accodatisi a pinocchio 2.0, e solo dopo l’ultima seduta del confronto, definiscono il risultato raggiunto negativo, nonostante il miliardo di euro a fronte dei soli 119 milioni disponibili nel 2001, il sindacato di pinocchio 2.0 come noto avrebbe accettato di fare un riordino con i soli 119 milioni, che definì un risultato epocale (il Siap e altri scesero in piazza per bloccare quello scempio). Inutile sottolineare che il governo dell’epoca era sostenuto da una maggioranza molto diversa da quella dell’attuale del Governo Gentiloni, o dal precedente Governo Renzi dal quale abbiamo ottenuto la delega, il finanziamento e il bonus degli 80 € nel 2017, che sarà reso strutturale nel 2018 attraverso l’aumento e l’integrazione dei punti paramentrali di ogni qualifica.
E’ un demagogo chi sosteneva che il riordino andasse comunque bene con 119 ml di €, nonostante il risultato fosse veramente misero per tutti i colleghi, sia sotto il profilo economico che dello sviluppo di carriera o d’eliminazione dei disallineamenti, considerato che con quella cifra non era ipotizzabile un bel nulla, a fronte delle misure finanziate e ottenute, grazie alle nostre relazioni con il mondo politico e parlamentare e alla credibilità del S.I.A.P. e delle OO.SS. più coerenti del cartello, sostenere che questo riordino è una truffa è da ipocrita e cerca artatamente d’ingannare i colleghi, probabilmente ha obiettivi diversi e di altra natura rispetto alla tutela degli interessi dei poliziotti. Va sottolineato che pinocchio ci porta alla mente quel simpatico burattino, che è inconcludente e ciuchino, abituato a dire bugie.
Dalla successiva distinta delle singole voci emergono con chiarezza le bugie del burattino senza fili.
Il Governo, con legge di stabilità del 2016, ha destinate dal 2018 in poi al fondo che alimenta il riordino, il finanziamento una tantum degli 80 € previsto originariamente solo per il 2017, salvaguardando così i redditi più bassi (agente-assistente) appunto, attraverso l’attuazione della delega del riordino delle carriere. Questa è la motivazione che ha evitato che qualche collega restasse fuori dai benefici di questo riordino, la stessa ragione fondante della riparametrazione.
Tralasciando le contraddizioni del solito "pinocchio" che aveva definito gli 80 euro come una bufala, asserendo che i colleghi non li avrebbero mai percepiti, e in un secondo momento come una truffa o lavoro nero, perché non erano né liquidabili e né pensionabili e, in ultimo, quando il governo li ha stanziati sul fondo del riordino proprio perché venissero stabilizzati e renderli utili anche ai fini della pensione e della liquidazione, ha intervallato affermazioni surreali e ridicole, attraverso le quali in modo goffo ha cercato di assumersi il merito del risultato, constatato il generale e diffuso gradimento espresso da tutti i colleghi per questo incremento retributivo che, dopo i 7 anni di duro sacrificio determinati dal blocco del tetto salariale e da quello delle procedure contrattuali, finalmente invertiva la tendenza e tornava a far crescere la retribuzione.
Si evidenzia oltre la faccia di bronzo, la totale irresponsabilità del burattino nel sottacere ai colleghi che, se non si fosse chiuso il riordino, i poliziotti non solo avrebbero perso le opportunità di avanzamento in carriera di cui appresso si dirà, ma avrebbero perso anche il beneficio degli 80 euro che il governo ci aveva concesso grazie al lavoro incessante del SIAP e del cartello sindacale, denaro finalizzato alla nostra specificità per il lavoro quotidianamente svolto per garantire la sicurezza del Paese. (..)